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grado, né il merito per cui meritano d’csser le prime, ma la modestia loro; mentre, per dar luogo ai nuovi onori che vi s’apparecchiano, han cercato d’essere l’ultime. E bascio le mani di Quella.

Di Venezia, il 18 di decembre 1537.

CCCXVI

AL SUO MONICCHIO

Dedica del primo dei Ragionamenti. # Salve, Mona. Salve, dico, poiché la fortuna ancora ne le bestie tien mano, e perciò ti tolse di donde nascesti, dandoti a me, che, per essermi accorto che sei un gran maestro sotto la forma di gatto, si come era Pitagora un filosofo sotto la forma di gallo, ti dedico le fatiche, anzi lo spasso di diciotto mattine, non come a mamone, non come a scimia né come a babuino, ma come a gran maestro. Perché, se io non avessi saputo dal segreto de la natura che tu fusse tale, ti arei intitolato il Dialogo de la Nanna e de l’Antonia come ad animale che anco i romani, doppo l’aver punito con pena capitale colui che uccise il corvo, che non avea altra verni che salutar Cesare, non solo il fecero portare in su la bara da due etiopi col pifero inanzi, ma nominarono il luogo dove fu sepolto «Ridiculo». Si che con la pazzia di molli savi antichi si poteva iscusare quella di uno stolto moderno. Or, che sia il vero che tu sia ciò che dico, cominciarono a dirti che hai imagine di uomo e sci chi tu sei, ed essi han nome di gran maestri e sono chi sono. Tu con la tua ingordigia ogni cosa trangugi, ed essi con la loro divorano si, che la gola non si trova piú fra i sette peccati mortali. Fino a uno ago rubi; ed essi fino al sangue furano, riguardando il luogo dove fanno i furti, come lo riguardi tu. Essi sono liberali ne la maniera che diranno i servidori e i suditi loro a chi gliene dimanda; e tu