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J pazzaroni a brache calate fiaccono il collo in un lago d’inchiostro piú nero che ’l fumé degli stampatori: e non è spasso che agguagli cotale spettacolo. Chi non sa notare, ci affoga: chi nòta, vien via a la riva col piú gaglioffo aspetto che mai vedesse Dante ne la tresca de le animucce, che egli messe ne la pece de l’inferno. Io ficcava gli occhi per tutti i mostacci : ma le mascare di si fatta tintura non vòlsero ch’io gli conoscesse; ma gli urli, clic facevano per si gran disgrazia, si. Chi piagneva i suoi conienti, chi le sue traduzzioni, chi i suoi romanzi, e altri gli altri suoi nuovi trovati. Io, che non poteva ritener le risa, diceva loro: — Voi, che sete dotti, dovavate, notando, pigliar l’essempio di Cesare, che salvò i Contentavi : benché dovereste ringraziar la sorte, che v’ha fatti sotterrar vivi cotali stuccalcttori; che certo i comentatori e i traducitori son da meno che questi che intonicano le mura, ingessano le tavole e macinano i colori a un Giulio Romano o ad altro famoso dipintore. — Io cosi gli diceva. E, mentre guardava i mici panni di cotali imbratti, mi parve che il Franco mio se ne andasse bel bello per la via, ch’io da me stesso avea fatta per la schiena di tal montagna, non senza piacere e maraviglia degli occhi miei, che lo guardavano in quel sentiero (’>. Parevami anco che Ambrogio, mio creato, me s’apiccasse drieto, affrettando il passo. Cosi eccomi in un albergo, fatto a posta per chiappare gli assassini de la poesia. Come io fui drcnto, non mi potei tenere di non esclamare: — «Chi non è stato a la taverna, non sa che paradiso si sia», disse il Cappa;—e, rassettandomi l’appetito ne lo stomaco, deliberava d’alzare il fianco per una volta. In questo, ecco a me una Marfisa, col celatone in capo, con la corazzina indosso e con una chiavarina in mano; e il vederla e il dirmisi:—Sta’ forte — ed esser trafugato suso in alto, fu tutto uno. Io, che era a mal partilo e dovea consolarmi con <iire a me stesso: — Io sogno, — sgomentava me medesimo, («) Tutto il passo sul Franco è, naturalmente, soppresso in M», che ha: «E, menare guardava i mici panni da colali imbrattati, mi parve che Ambrogio, mio creato» ecc.