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ogni buono ingegno, scrivendo domesticamente, non la pon quasi mai nel toscan del Boccaccio. Perciò date dentro a l’onorata traduzzionc, fornendo de aricchire gli intelletti vaghi. Intanto eccomi in preda de la bontá vostra, come sono osservatore de la scienza, di che séte vaso.

Di Venezia, il 30 di novembre 1537.

CCLXV

AL MAGNIFICO MESSER GIROLAMO QUIRINI

Venga a prenderlo con la gondola, non appena giungerá Giangiorgio Trissino. Non c’è altro rimedio a farmi ridire che alcuni servigetti, che m’avete fatti, sieno grandi, secondo che mi c paruto far cicalare a la bugia, che venirmi a levar con la barca tosto che il signor magnifico Giangiorgio Trissino, zio vostro, arriva; perché non posso patire di vedere me stesso, finch’io non vado a far riverenza a l’ottimo, nobile e dottissimo gentiluomo. Io, che l’ho veduto onorare non sol da Clemente, ma dai cardinali e da tutta la corte, doveva andare in India, nonché a Vicenza, per basciargli la mano. Ma, non l’avcndo fatto, impiastriamo con la cortesia de la visita, che pur delibero fare, la villania passata. Or la Magnificcnzia Vostra ha inteso il suo pericolo e il mio desiderio.

Di Venezia, il primo di decembre 1537.

CCLXVI

A MONSIGNOR BREVIO

Invia quattro sonetti in morte di Antonio Broccardo. Cercando, signor, l’altra sera per una lettra venuta in compagnia di parecchi scudi, tutta piena d’umiltá e di proferte, che alcuni non volevano credere che m’avesse scritta il giá Alfonso