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Tutte le case vi sono aperte, per ogni piazza séte chiamati, e «Zicotto * di qua, e c Piccardo» di lá: per la qual cosa ne incacate le quintedecime, nonché le decime, avendo stoppate le contese del «pisciará Spagna e caccará Francia», non dando un pistacchio del sapere per che conto le state ha i di lunghi e il verno corti, non contendendo per la nimicizia del freddo e del caldo, tenendo bestie e silogismi e anforismi, non vi importando piú il nuvolo che il sereno, godendovi del metter de la neve e del piovere a brache calate, non vi rompendo il capo ne l’investigar se il fuoco che hanno ataccato al culo le lucciole è dementale o no, né manco nel chiarirvi se le dcale cantano col corpo o con Pali; anzi vi ridete di quei pecoroni che affermano che il tal fiume è un piede piú oltre che non pon Tolomeo e che il Nilo non ha tante corna, facendovi beffe d’alcuni astrolaghi che voglion che la macchia c’ha sul viso la luna sia volatica e non margine d’una bolla gallica, dando tanta fede ai pronostichi quanta ce ne dá il Gaurico, ora che non ha bisogno di ceretanare. Voi, non facendo né dicendo ciò che non si dee fare né quello che non si debbe dire, rendete grazie immortali a colui che mozzò la coda al breviale; onde dite l’Offizio a cavallo a cavallo, e vanne via, maninconia.

Di Venezia, il 26 di novembre 1537.

CCLVI

A MESSER GIOVANNI AGNELLO

Dio ci liberi dal vivere nelle corti! Quanto è dolce invece la libertá veneziana! Il signor Benedetto, orator ducale c fratei vostro, mi disse pur ieri come io stava e quel ch’io faceva, non per altro che per darne aviso a voi, che, per amarmi, desiderate saperlo. Onde vi dico eh’ io sto bene e che la faccio benissimo. E non solo io, che sono atto a stare dove non si sta e a fare quel che non si fa; ma ogni poltrone starebbe da papa e la farebbe da