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A MESSER G

lANFRANCESCO POCOPANNO Assai progredito nella scienza e nelle arti è il Cinquecento. Ah, se fosse tanto buono quanto bello! Il vostro cortese e caro nipote insieme con la lettra m’ha dato le forbici, le quali per la sua novitá han fatto saltar me, che sono uomo, non pur la Perina, che è donna e del loro uficio dee servirsi, come io non me ne debbo servire. Infine Brescia fa parer goffi e lavori di agi mia e l’opre rabesche. Né si può far piú circa l’armadure e simili artifici dorati e damaschini, condotti a perfezzione con altro disegno e con altri partimenti di groppi e di foglie, che quegli che vengono d’oltramare. Non posso credere che i bravi antichi non cagliassero nel dare uno sguardo a messer Archibuso e a don Cannone, parendogli di piú bestiale aspetto che gli archi e gli strali, con cui Marte giá soleva ricamar le panziere. Certamente, se l’etá nostra fusse buona come è bella, non si invidiarieno l’eccellenze de le passate, né si dubitaria de l’invenzioni future. Noi pur vediamo al sommo dei miracoli tutte Parti e ogni cosa ridursi al magno. Ecco: le forbicette mandatemi son piene di trofei rilevati e grandi. Altri cominciò a mutar verso, tosto che si viddero i panni di Leone in Capella lavorati da la seta e da l’oro sopra i cartoni disegnati e coloriti da Rafaello. Non si usano piú fiori piccoli in damaschi né in razzi; le verdure de le spalliere compariscono di lontano. Gli abiti tránno al lungo e al largo. Non si paté piú il tormento che ci davano le scarpe. Ogni cosa si taglia e aricchisce. Fino agli scrittori mostrano i caratteri patenti, e di ciò fa fede la maniera di messer Francesco Alunno, la pratica diligenzia del quale fa confessare a le stampe d’essere scritte a mano e a lo scritto a penna d’essere stampato. Guardate dove ha posto la pittura Michelagnolo con lo smisurato de le sue figure, dipinte con la maestá del giudizio, e non col meschino de l’arte. E perciò