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a le bavaglie, perché nel * Salvum me fac» sta l’onore di nos otros , e non nel mettersi a sbaraglio, toccando mezza dozzina di ferite, con la giunta di esser tenuto una bestia. Voi sapete che in casa del conte Guido Rangone vi consigliai a non ficcarvi inanzi, faccendovi toccar con mano e coi piedi che ramazzare o lo stroppiar altri non vi si attribuiria per laude, per non esser voi armo rum: anzi ne sarete tenuto a render conto ai piagnoni; ed, essendo stroppiata o amazzata la Vostra Signoria, ognun direbbe: — Ben gli stette! —Si che, quando sia che ritorniate al pericolo, nel tenere due chiodi per ferro al destriero, imitate colui clic, bontá del flusso del corpo, tiene ataccate le calze con due stringhe. E cosi, rimanendo retroguardia, bravando e rinegando, farete credere a le turbe che guai ai nimici, se ’l vostro ronzino non si cavava le scarpe! E, caso che la battaglia si vinca, spronando inanzi, rimescolativi coi vincitori e, spalancando l’orecchie al «viva! viva!», entrate ne la terra a lato ai primi, con faccia gigantea, non pur capitanesca. Succedendo male, arancate, datela a gambe, volate via, perché è meglio per la pelle vostra che si dica: — Qui fuggi il tale — che: — Qui mori il cotale. — Gloria a tua posta: come noi siam morti, monna Fama può sonar con la’piva e pavane e gagliarde, ché nulla sente chi, coronato di lauro, si sta lá converso in polvere di Cipri.. Né credendo ai miei giudizi, toglietene parere da messer Lionardo Bartolino, che altro c che chiacchi bichiacchi. Egli lascia fare a chi è maestro, ridendosi di coloro che sopportano che il ranno caldo gli peli la testa. Io, per me, non udii mai cervello piú destro a crivellar cervelli del suo; né conosco piú libero né piú discreto amico, né persona che men si diletti di quel d’altri: onde io l’amo, avendo per una bella grazia che ei renda testimonianza de la mia bontá ne la maniera ch’io renderò de la vostra saviezza, purché, di capo di parte, vi piaccia diventar coda, contentandovi del nome di poeta, refutando quel di Rodomonte ai mangiacatenacci e ai divorapicche. E, con questo ricordetto, bene valete.

Di Venezia, il 16 di novembre 1537.