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dagli scandoli, ella gli conserva l’anime, ella gli la stimare e temere; né so qual sentenza ardisse conchiudere piú gloria nel vincer le genti armate che le persone litterate. L)i Venezia, il 12 di novembre 1537.

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A MESSER VITTOR FAUSTO

È tanto eccellente nell’azione Francesco Maria della Rovere quanto nella dottrina Vittor Fausto. Chi vuol saziar l’intelletto a la tavola de la cognizion de le cose, rechisi attento lá in un canto, e ascolti il duca d’Urbino e il Fausto, perché da la bocca sua esce il mare de l’intelligenzia e da la lingua vostra il fiume de la dottrina. Io, che empio l’orecchie de la milizia de l’uno e de le lettre de l’altro, mentre mi volgo a le proposte e a le risposte di questo e di quello, confuso ne la profonditá di cotal dire, rimango senza quel poco d’ingegno, che mi parea avere manzi che voi due cominciaste a parlare. Né solo imparo dai gran discorsi, che insieme fate, a discorrere, ma isinarrisco talmente la naturalitá del giudizio, che divento insensato e muto. Mirabili sono gli avvedimenti di Sua Eccellenza ne l’arte de la guerra, e incredibili quegli di Vostra Signoria ne la memoria de l’istorie. E, si come egli non lascia che piú pensare né che piú desiderare circa il mover d’uno essercito, di aloggiarlo, di provedergli la vittovaglia, di ripararlo, di armarlo e di farlo combattere; cosi voi non lasciate niun gesto né veruno essenipio, che sopra ciò sia uscito da la vertú degli antichi. È pur bello l’udirvi disegnare con le parole ogni circonstanzia del mondo, talché il mondo istesso sa meno del sito di se medesimo che la cura, che ne avete preso per conoscere ciò che egli è e ciò che egli ha. Ma chi dubitasse de la divinitá del vostro intendere, guardi la quinquereme, pompa dei seni che ella solca e de l’industria che l’ha restituita al secolo presente; come anco l’antivedere