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A MESSER TIZIANO

Ne loda entusiasticamente 1 ’Annttnziazione> accennando alle pitture da lui fatte nel palazzo di San Marco. Egli è stato savio l’avedimento vostro, compar caro, avendo voi pur disposto di mandare l’imagine de la Reina del cielo a l’imperadrice de la terra. Né poteva l’altezza del giudizio, dal qual traete h maraviglie de la pittura, locar piú altamente la tavola in cui dipigneste cotal Nunziata. Egli s’abbaglia nel lume folgorante che esce dai raggi del paradiso, donde vengono gli angeli, adagiati con diverse attitudini in su le nuvole candide, vive e lucenti. Lo Spirito santo, circondato dai lampi de la sua gloria, fa udire il batter de le penne, tanto somiglia la colomba, di cui ha preso la forma. L’arco celeste, che attraversa l’aria del paese scoperto da l’albore de l’aurora, è piú vero che quel che ci si dimostra doppo la pioggia inver’ la sera. Ma che dirò io di Gabriele, messo divino? Egli, empiendo ogni cosa di lume e rifulgendo ne l’albergo con nuova luce, si inchina si dolcemente col gesto de la riverenza, che ci sforza a credere che in tal atto si apresentasse inanzi al conspetto di Maria. Egli ha la maestade celeste nel volto, e le sue guance tremano ne la tenerezza, composta dal latte e dal sangue, che al naturale contrafá l’unione del vostro colorire. Cotal testa è girata da la modestia, mentre la gravitá gli abbassa soavemente gli occhi: i capegli, contesti in anelli tremolanti, accennano tuttavia di cadere da l’ordine loro. La veste sottile di drappo giallo, non impacciando la semplicitá del suo involgersi, cela tutto l’ignudo senza asconderne punto, e par che la zona, di che è soccinto, scherzi col vento. Né si son vedute ancor ali, che uguaglino le sue piume di varietá né di morbidezza. E il giglio, recatosi ne la sinistra mano, odora e risplende con un candore inusitato. Insomma par che la bocca, che formò il saluto che