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A LA MARCHESA DI PESCARA

Lodi. Il nostro secolo, signora, che non ha piú di che maravigliarsi, tali son l’opre che avete prodotte con l’ingegno, si vorrebbe stupire di quelle che partorite con lo spirto. Ma, per esser fuor d’ogni comparazione piú degna l’anima che l’intelletto, non sa come si incominciare ad aprir bocca o ad alzar ciglio. Due cose non piú vedute né piú comprese ha visto e compreso il mondo: l’una fu l’invitto de l’animo del sommo vostro consorte, l’altra è l’invincibile de l’alta mente vostra; bontá de la quale vi si dona la palma, peroché egli con tali forze vinse le battaglie de le genti, e voi con si fatto valore vincete le guerre dei sensi. E, mentre la puritá de le fiamme, di che ardono gli angeli, vi accende il core, séte vantata dal grido vero de la fama santa; onde il cielo vi serba altre palme e altre corone che non son le mortali. Ben fu augurio di beatitudine il di che foste battezzata «Vittoria». Ben fu fatale cotal nome, poiché, vincendo, quasi in fatto d’arme, tutte le vanitá mondane, vi ornate de le spoglie e dei trofei che s’acquistano ne le sconfitte date da la fermezza del ben fare e da la constanzia de la fede agli inganni terreni. Voi, non per iscemare il grado del gran marito vostro, avete ritrovata la milizia spirituale, le cui sacre schiere vengono in campo sotto l’insegne de la ragione, la quale, per onor di Giesú e in servigio de l’anirna, trionfa degli aversari de l’ottime operazioni. Ma, per mostrar che, si come egli pose in uso, per domare l’inespugnabile, ciò che mai seppero le scole di Marte, cosi voi ponete in opra, per soggiogar l’abisso, quel che si può ritrare dagli studi di Cristo, tenendo a vile quegli che hanno piú animo in acquistar la gloria del mondo che quella del cielo, monstrando piú core in farsi signori de le cittá de la terra