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origine da Parnaso; e perciò tutti i suoi figliuoli sono Apolli e Mercuri. Le vertú son belle in ognuno, ma ne la nobiltá diventano bellissime e accrescono grazia a lor medesime e a chi se ne adorna. Si che ritraetevi seco nel tórvi da l’altre cure, perché piú vale un poco di gloria che un gran fatto di robba.

Di Venezia, il 24 di settembre 1537.

ccvi

A MESSER BERNARDO TASSO

Piange la morte di Ferier Beltramo. A punto, preclaro spirito, nel pensar io a le lodi, che ai vostri facili e felici sudori danno le publiche voci di quei giudici, che per la scienza del giudizio perfetto son degni di sentenziarci, ecco ch’io odo dirmi: — Il buon Ferier Beltramo è morto! — onde, per cotale accidente cadendomi l’animo, cambiata l’allegrezza, ch’io aveva dei vostri onori, nel dolor ch’io ho del suo morire, mi contristo de la perdita de Lamico. Ma, per sapere che sapete che egli amava me come io so che amava voi, son certo che piagnete la smisurata amorevolezza e la cortese maniera di si fatta persona come io la piango. Veramente, l’uomo è un bersaglio d’infermitá, divorato da la miseria e dal tempo; e perciò, mentre la fortuna, schernendolo, il fa bilanciar da l’invidia, doverebbe por mente al pericolo che sta l’anima per confidarsi ne la vita, la quale è una gioia di vetro, che mostra prezzo inestimabile ed è vilissimo. E io, per me, la simiglio al sol del verno, al nuvolo de la state, al fior de la primavera e a la foglia de l’autunno. Ma che dispiacere feci io mai a la Morte, onde m’avesse tuttodí ad oltraggiare si fieramente? Vendichisi con voi, che vivete fuor de le sue giuridizioni; rivolgasi a lo Sperone o al Grazia e al Molino, che sono immortali; e non a me, che ho gli occhi sottoposti a la eternitá del sonno suo. La crudele, senza riguardar come, m’ ha tolto quasi in un tratto Luigi Gritti, Anton da Leva, Francesco Sforza e Ippolito