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modo di potermene scaricare. Ma, perché Vostra Signoria dona e non vende gli aiuti che porge ai vertuosi, senza darmene fastidio, a Quella mi raccomando.

Di Venezia, il 22 di settembre 1537.

CCII

A MESSER GIROLAMO MOLINO

Lodi, per la deliberazione presa dal Senato veneto di far parte della lega contro il Turco. Chi volea, fratello, vedere l’amore ch’io, senza volontá di favore o di premio, porto a questa cittá di Dio, avessimi tócco il petto, quando il vostro aviso mi fece parte de la deliberazione del serenissimo senato contra il Turco. Certo che il mio core fece tali movimenti per ciò, che altretanti non ne fará mai per qualsisia allegrezza. E, se non che il mio giudizio, in undici anni ch’io godo de la libertade veneziana, ha imparato a conoscer la bontá de la natura sua, onde era risoluto di ciò che dubitava altri, sarei forse uscito di me a si fatta nuova. E chi sapesse quanto io amo la religione dove siamo nati, e come desidero la gloria del luogo divino ch’io per mia ventura abito, e in che modo bramo le grandezze de l’imperadore, la cui Maestá tien serva del suo beneficio la mia vertú, me lo crederebbe. Che bel vanto dará la fama per tutto il mondo e in ciascun secolo a Vinezia, avendo ella per Giesú disprezzato il sangue e le ricchezze! Ma, se io, che, per viver qui, mi pasco di cotal reputazione, che dovete far voi, che, mercé de la gran dottrina, del molto vedere e de l’assai valere, ci séte qualificato gentiluomo? Non mi lasci Iddio venir mai pensier ne la mente, che mi mova il piede fuor di queste acque sicure e sacre; anzi mi porga sempre l’animo a considerar l’eccellenze di cotanta republica, la quale, togliendo la deritta ragione da Dio, comandando cose oneste e vetando le disoneste per via del costume e non per mezzo de le lettre, ha creato leggi castissime,