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dei quindeci giorni che ci si sta, si prova di quella beatitudine che sentono Tanime quando se ne ritornano in cielo. Perché l’amore dei parenti e la caritá degli amici ti raccoglie ne le braccia del buon volere con si fatta dolcezza e con tanta allegrezza, che lo spirito, ebro in cotali affetti, altro non vede e altro non gusta che i saluti e le accoglienze di questo e di quello: né trovando se non cortesia e onore, parendogli il di una ora, fin de le strade, che egli non vidde tanto tempo prima, si gode; e, parendogli esser ricevuto dal core d’ogni suo cittadino, apre l’uscio de l’animo fino a le genti minime, facendosi compagno o maggiore qualunche si sia. Perché piú ti agrada un riso, che ti mostra la faccia de la patria propria, che i gradi nei quali ti pongono l’altrui, e piú giova un «buondí» d’un tuo vicino nativo che un premio di quel principe e di questo, e piú gioia sente l’anima nel vedere esalare il fumé del camino paterno che i fuochi fatti altrove per gloria de le sue vertú. Ma chi non vuol perder una iota di cotanta felicitá, non sazi altri di se stesso, dando campo a l’ozio altrui di mesurarti; ma, riducendosi onde si parti, metta in desiderio di lui, col fare carestia di se medesimo, tutti coloro che per le sue qualitá e per la lor benignitá l’hanno veduto si caramente e si volentieri. Benché le gentilezze vostre sarebbon sempre reverite da la bontá degli aretini, e, stando voi un secolo con loro, nel partirvi gli parria che ci fuste stato un mese. Si che consolatigli con la vostra presenza piú che potete, non vi scordando perciò di noi, che vorremmo, de le carezze che vi fanno, cotesti vini freschi e cotesti frutti preziosi almeno, poiché non mi è concesso il poter trionfar con voi degli spassi, dei quali abonda il paese nostro. Ma fusse vero che messer Francesco Bacei venisse qui, onde potessimo, abbracciandoci, mostrare di che sorte è l’amore che fraternamente insieme traemmo, si può dire, da le fasce, onde è giunto al sommo de la perfezzione, né possibilitá niuna è atta a scemarlo, neanco la morte. E cosi gli dite da parte mia. A la Eugenia, vostra figliuola, non dico altro, perché so ch’io gli sono uscito di mente, e al suo marito ancora, benché madonna Tita, sua madre, giura ch’io ho torto