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molti lodati effetti, facendo ciò. Voi remunerate l’opre dei suoi genitori, gradite la puritá del garzone e vendicate voi e noi con la sorte e con l’invidia: voi, con rifarvi il genero, che esse vi hanno tolto; e noi, con renderci il signore, che esse pur ci ruborono. E quel che piú si debbe riguardare è che tal sponsalizio rende il core, rinfranca l’animo e raviva la voce di coloro che vi adorano, e cava gli occhi, toglie la lingua e lega le braccia di quegli che vi odiano; né si tosto si conchiudano le nozze, che la speranza se gli secca ne le mani, onde potranno ricorrere a la misericordia e non a l’armi. E ciò che s’indugia è tormento dei servi cesarei e gioia degli aversari suoi. Ora, mentre io in ginocchioni faccio riverenza a la Maestá Vostra, Quella giudichi se gli è onesto che il giustissimo Carlo, tardando, tenga in festa i ni mici e in guai gli amici. Di Venezia, il-6 di luglio 1537. CI.XIV A MESSER GIOVANNI POLLASTRA Gli protesta la piú calda amicizia e lo ringrazia, rifiutando, della dedica dei Trionfi ., dei quali brama vedere qualche componimento il gran bene, che voi, buono, mi volete, è cagione che l’amor, ch’io grandemente vi porto, si promette troppo di voi; onde divento pigro in quel che doverei esser sollecito, visitandovi con le mie lettre ogni mese almen due volte. E noi faccio, perché la securtá, che, tanti anni sono, del potervi disporre mi deste, mi promette, senza altrimenti scrivervi, ch’io gli son nel core né piú né meno ch’io tuttodi vi scrivesse; e cosi, d’amorevole vostro fratello, par ch’io vi sia disamorevole villano. Ma che non sia cosi, pò farne fede il mio messer Tarlato Vitali, a la gentilezza del quale commisi, nel suo partirsi di qui. che vi salutasse e basciasse; e, per esser egli molto cortese, so che lo debbe aver fatto. Ma credete voi ch’io mancassi negli effetti come son mancato ne le parole? Io vi giuro per quella