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di cotal paese. Il conte Claudio Rangone mi forni del suo da Modena, e fu gentile; ma non aveva si chiaro colore né si mordente sapore. Né può essere che Bacco non sia stato canonizzato ne la terra di Vostra Signoria; e il sopradetto Strozzo mi conferma che egli è luocotenente di Parnaso, e perciò ci fiorisce la divinitá de la poesia vostra.

Di Venezia, il 29 di giugno 1537.

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AL SIGNOR GIAMPAOLO DA CERI

Lodi. Se un tanto capitano e un si gran barone fusse cardinale, come egli è soldato, io pascerei il vento de le speranze ch’io ho poste in voi; ma, perché séte non meno osservatore de le promesse fatte che essecutore de le faccende che da Marte vi si coinettono, sto aspettando qualche nuova allegrezza. E giá monsignor gran maestro me ne ha dato un cenno, si che a ogni piccolo movimento di martinello scoccará la balestra, benché, senza fare altro ufficio per me, son dedicato ai servigi vostri. Né vi contemplo mai quella sembianza veramente romana, ch’io non mi risenta, conoscendo la generositá del sangue antico e il poter de l’antica vertú ne la vostra sicura fronte, onde parete il proprio figliuolo de la milizia e il subietto de l’armi. E ben si vede quel ch’io dico, ne l’accordar voi e nome e cognome e presenza e parole e fatti. Perciò io ho ragione di sperare in voi, mentre vi osservo e lodo; e, quando io non ritraessi altro da la mia spettati va che la certezza ch’io tengo de l’amor che ini portate, non sono io grande? Vostra Signoria illustrissima si degni raccomandarmi al signor Livio Liviano, mio padrone «figliuolo, nel cui spirto arde il valore de lo spirto del padre

Di Venezia, il 29 di giugno 1537.