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struose né confuse. L’altitudine de l’aria e la profonditá del mare non è diterminata dal Pietrasanta. Egli non isquadra i circuiti de la terra con circoli né con isfere; ma l’intelletto, che Dio vi ha concesso, penetra nel conspetto di esso Iddio, intendendo come sta unita insieme l’individua Trinitade, e, proponendo e risolvendo le cagioni de l’anime e dei corpi, ci fate capaci de l’immortalitá di quelle e de la fragilitá di questi. E il sole non è si chiaro a noi, come le Scritture sacre son chiare a voi: i sensi ebraici e gli spirti de le lor profezie son si bene intesi da le acutezze de le vostre scienze, che non accade che altro interprete ci apra i secreti de la veritá de l’eterna vita. Certo, la pratica de la vertú vostra è intorno agli effetti e agli atti, in cui stassi quel mezzo dove seggono i beati. Ella ci spiana le difficultadi, che abbiamo circa la conoscenza-del Motor sommo; e tanto si apressa la dottrina de la sua lingua al vero, che par che ce lo mostri, mentre tenta il modo di potercelo dichiarare: onde vi si pò dire che, disputando de l’essenza del vero Iddio, gustiate il frutto de l’arbore de la sapienza perfetta. Ma quanto obligo avete voi al cielo piú di me ! che non so se non aprir la bocca e lasciare cader giuso a caso detti debili e parole inutili, facendo con gli inchiostri ne le carte di quei segni, che con i carboni fanno nei muri bianchi de l’ostcrie coloro che hanno piacere d’imbrattargli. È ben vero ch’io confesso di aver da poco in qua la conoscenza di me medesimo. E che sia la veritá, io ho rifiutata ogni composizione ch’io ho fatta per lo adietro, e comincio a imparare e a scrivere, benché, noi sapendo far come si debbe, come io so non doverei. Ma scusimi la mia nimica fortuna, la qual mi ha sforzato a guadagnare il pane con l’industria de la penna, non sendo io di natura che si fusse degnata di procacciarselo per altra via. E vi conchiudo che merito la grazia vostra e d’ogni dotto uomo, perché il sapere di saper nulla, che è in me, viene da la modestia d’una occulta vertú. Si che amatimi.

Di Venezia, il 23 di giugno 1537.