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lor foggia? e chi non si lingeria la barba e lavarebbe le mani con l’olio e coi saponetti che spesso mi date? e chi non si stuzziccaria i denti con gli stecchi vostri? Io posso arischiarmi a metter pegno con qualunche volesse dire ch’io non sia stato il primo a vedere i fichi di quest’anno, còlti nel vostro dilettevole giardino. E cosi sarò a gustar le pere moscatelle, le arbicocche, i melloni, le susine, l’uve e le pèsche. Ma, dove si rimangono i carcioffi, che si per tempo m’avete portato in tavola? e dove le zucche, che fritte e ne la scodella ho mangiate, alora ch’io arei giurato che non fussero a pena fiorite? Dei bacelli non parlo, ché era per far la segnata, se voi non eravate. E, perché in tutte le cose che m’avete donate ho visto il vostro core, io tengo li stessi doni fattimi in mezzo del core. E sará tosto che ogni ciocca di viola bianca, vermiglia e gialla, con cui mi con fortate e dilettate, vi pagarò quanto mi si conviene.

Di Venezia, il 3 di giugno 1537. CXXX 1 X A MAESTRO AGOSTINO BONUCCI Non è possibile per ora che il Ronucci venga a predicare in Santo Apostolo: si procurerá di farlo invitare nel venturo anno. Il non rispondervi, padre, a la lettra e il non ringraziarvi de l’agnusdei di fuora d’oro e di dentro sacro, che vi piacque mandarmi da Ferrara, non è causato da la negligenza, né da la dimenticanza, anzi dal non potervi risolvere, non de la predicazione che qui in Santo Apostolo desiderate, ma di quello che santo Apostolo istesso, non pur la sua parrocchia, doveria con ogni industria ricercare, perché la dolcezza de l’amunire e la terribilitá del minacciare i peccatori è proprio dono de la lingua e de la dottrina vostra. Ed esso Iddio incomprensibile e invisibile si comprende e vede ne la facilitá de l’esprimer voi la sua essenza e la sua forma, la quale non può esser dechiarata