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CXXXVIII

A MESSER FRANCESCO MARCOLINI

Manifesta il suo entusiasmo per le primizie, che gl’invia costantemente il Marcolini. Certo, compare, che, se io mi beccassi il cervello, come si becca ogni pedante, per essermi suto apiccato a le spalle del nome il cognome di «divino», crederei senza dubbio, sendo costume antico l’offerire ai dèi le primizie dei frutti de la terra e de le greggi, essere, se non un mezzo, almeno un terzo iddio; e in cotal fernetico mi porrieno i continui presentini, che mi fate de le prime cose che escono di mano a la buona natura e a l’arte ancora. Ma, conoscendo io che la poca vertú, ch’io ho, me adacqua la divinitá sua, acioché io non me ne embriachi, metto i doni a conto del vostro esser troppo umano. Voi cominciaste con i fiori degli aranci ad aguzzarmi l’appetito, nel condirgli come le mie fanti condiscono i caccialepri, la pempi nella, il dragone, con l’altre di piú di cento ragioni erbe, che mi si presentano in alcune panerette e in alcuni canestrelli si ben tessuti coi giunchi, che è forza, ne l’acettar de la mescolanza, torvi e le panerette e i canestrelli; onde la donna vostra ne debbe far tanto romore in non riavergli, quanta festa ne fanno le mie in tórvigli. Io non so dove vi cogliate le varietá dei fiori, de le viole e dei garofani, che, quando non pur accennano di spuntare fuora de la boccia, mi mandate tutti fioriti e tutti odoriferi. Ecco a me i mazzetti de le viole mammole inanzi aprile; eccomi pieno il grembo di rose alora che non se ne vede una per miracolo. E che dico io de le mandorle tenerine, che mi piacciono come a le femine gravide? A pena le ciriege cominciano a far le gote rosse, che mature me ne fate assaggiare. Ma dove lascio le fragole sparse di grana naturale e di moscado nativo? e i cedriuoli che a pena avevano spuntato il fiore, onde, vedendole, faceste saltar la Perina e la Caterina? Chi non berebbe ai becchieri brillanti ne la novitá de la