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perché son chiaro che non ha le voglie conformi a quelle di chi vi consigliò a lasciar la cittade, che qualunche piú spasima de la sua libertá apetirebbe, purché la speranza e la sorte gli aprisse qualche vietta che gli promettesse il dominarla. Perché chi non sa desiderar la signoria merita d’essere schiavo, ed è meglio esser padron di Fiorenza che compagno del mondo. E la viltá de l’animo e non la santitá de la mente mosse Celestino a refutare il papato. E tanto piú dovete confermarvi nell’impero, quanto senza violenza alcuna ci séte pervenuto. Chi è offeso, chi è rubato, chi è cacciato, chi è vituperato e chi è minacciato da voi? È maligno colui che non confessa che Iddio vi ha posto in alto come legittimo erede de la grandezza, in cui viverete e regnarete genero d’Augusto. La ferocitá, con la quale per voi militò il tremendo vostro genitore, basta a farvi temere, come siete amato. E, mentre in voi con gli anni cresceranno le magne qualitá vostre, sarete cercato da ognun che vi fugge; onde la clemenza, che vi adorna, averá campo di farsi conoscer da chi non la vói conoscere. Intanto io le raccomando la mia servitú.

Di Venezia, il 5 di maggio 1537.

CXXII

AL MAGNIFICO OTTAVIANO DEI MEDICI

Tutti i suoi voti sono compiti, poiché vede ora Cosimo de’ Medici duca di Firenze. Molto m’hanno rallegrato, persona ottima, i saluti che ne le lettre del Lione vi séte degnato mandarmi; e, se voi fusse informato di quel ch’io era col signor Giovanni, credereste che, se Iddio m’avesse detto: —Scrivi in questo foglio bianco, ché sará ciò che tu vuoi, — non averei chiesto altro che il dominio di Fiorenza al signor Cosimo. Ed è tanto sparsa la fama del mio essergli stato oltramodo caro, che l’imbasciadore cesareo,