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libro primo 3

s’appartengono dimostrazioni piú che umane. Gli stati, i gradi e gli onori, quasi in ciascuno altro simigliano la testa d’un leone apesa sopra la porta d’un gran palagio, la quale è guardata da ciascuno come fièra che è stata terribile; ma i principi e i fini orditi e tessuti da l’ardimento dei suoi consigli sono i termini de la immortalitade vista dal sole su le porte de l’universo. E perciò s’oltraggia la volontá d’Iddio e la mente di Vostra Eccellenza, mentre se le perturba gli ordini stabiliti da lei per tórre a Solimano, in servigio de la cristianitá, l’animo da l’anima, l’anima dal corpo, il corpo da Tarmi, Tarmi da le lodi, le lodi dal nome, il nome da la memoria e la memoria da le carte.

Di Venezia, il 10 di decembre 1537.

II

AL RE DI FRANCIA

Procura di dimostrare che la prigionia in cui lo detiene Carlo V,
nonché abbassarlo, lo abbia elevato.

Io non so, cristianissimo Sire, per essere la vostra perdita uno essempio de l’acquisto altrui, chi meriti piú lode: il vinto o il vincitore; imperoché Francesco, ne l’inganno usatogli da la sorte, ha liberato l’animo dai dubbi che ella non potesse far prigione un re; e Carlo, nel dono concessogli dal caso, l'ha fatto servo, in pensare che pò fare il simile a uno imperadore. Certamente voi l’avete libero, nel veder quanto sia fragile la felicitá, onde la sprezzate; ed egli l'ha posto in servitú, nel conoscere come ella è volubile, onde ne teme: e così la Maestá Sua si è vestita de le cure, di cui si è spogliata la Vostra. Si che non vi dolete de la fortuna, che, per non avere piú a potere, ha fatto ciò che ha potuto, ponendovi ne lo stato che sète; perché, nel far ciò, le vertú che vi adornano son diventate franche: talché splendete de la piú moderata temperanza e de la piú ferma constanzia del mondo, e, nel consentire che tali vertú vi amministrino il core e la mente, fate tornar donna