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servirsi di loro? Ci maravigliam poi che altrui morda. Chi lo fa, cavisigli la lingua con la cortesia, serriglisi la bocca con la elemosina, e tolgasi agl’infami e diasi ai famosi. Ecco il massimo Cesare, che riguarda la dote concessami dal cielo, e, vedendola mendica, la consola. E Sua Maestá, che è, senza inganno, uomo celeste, colonna de le leggi sante, paragone di clemenza, eroe di Cristo e nimico ai demeriti, ha fatto ciò per grado de la libera vertú mia, dandole cagione di bene scrivere e di bene parlare. Che piú? il Redentor nostro entrò nel cor di Saulo con la sua grazia, perché egli diventasse squilla del suo nome; come diventare! io di quello dei ministri del suo tempio, imitandosi la caritade augusta. La qual cosa non credo e non spero, perché non è da sperar né da credere. /

Di Venezia, il 7 di ferraio 1537.

XCVIXI

AL SIGNOR LUIGI GONZAGA

Nega risolutamente di avere scritto contro Cesare Fregoso. lo, signore, fui sempre e sempre sarò d’una medesima fede coi miei padroni e con i miei amici; e, quando non me ne se dá cagione, piú tosto vorrei morire che toccar l’onore altrui. E, per esser io e tale e conosciuto per cosi fatto, gli imperadori e i re mi sostengono in grado. Ed, essendo cosi, perché dubitare de l’affettuosa integritá mia? Io conobbi il signor Cesare Fregoso prima che vi fusse amico, poi che vi fu compagno, e ora che vi è cognato e del mio idolo signor conte Guido Rangone. E per tutte le condizioni ch’io dico e per cagion de le vertú sue, da me preposte ad ogni altro affare, spenderei il vivo sangue per esaltarlo. Or giudichisi come può essere ch’io gli abbia scritto contra. Anzi in Santo Apostolo, snbbato passalo, nel mostrarmisi la risposta del suo cartello, ho detto di lui ciocché io ne doveva dire. Ma non accade ch’io m’affatichi ne lo scusarmi. Faccisi pure inanzi la perfezzion del vostro giudizio, e sentenzi in che modo si possano contrafare i conii de