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quello che la mia poca vertú dará a don Luigi Davila, generoso cavaliero, de l’opra che in mio beneficio ha operato? E con qual penna e con che lingua per me si renderá grazie a l’eterna memoria del trionfale Antonio da Leva, autore de le mie consolazioni, il cui merito è tale, che la fama accusa se stessa d’ingratitudine, parendole, per sempre favellarne, non mai dirne parola? Benché, se basta la buona voluntá dei cori a Dio, debbe anco bastare il mio ottimo volere agli uomini. Ma egli è pur degno di voi il desiderio, che avete, d’esser cresciuto e di crescere, per giovare ai vertuosi. Attendete, signore, ad infiammarvi del continuo in cosi fatta voglia, se volete che il cielo adempisca i voti di ciocché desiderate, perché la vertú è figliuola de la cortesia di Giove. Oltra questo, è piú bel vanto il poter dire: — Io ho aiutato il tal vertuoso — che non è qualunque favore si sia, senza aver ciò fatto. Si che conservate il vostro bel pensiero nel bramare le nostre contentezze; e vedrete il nome vostro caminare inanzi al sole, si lo sapranno bene impennare i calami degli scrittori. E Tiziano, rassemplandovi, anullará con la vostra effigie le ragioni che in voi si crede aver la morte. Ma faccio fine con il supplicarvi che in mia vece basciate la mano al signor don Pedro, maggiordomo di Sua Maestá, la dolce umanitá del quale mi è rimasa scolpita ne la memoria.

Di Venezia, il 20 di decembre 1536.

LXXXV

A MESSER BERNARDINO DANIELLO

Ha letto con piacere la sua Poetica , specie ove discorre del parere dato da Michelangelo sul suo Giudizio universale , e lo loda d’avere introdotto in essa Trifone Gabriele. Per aver, amico carissimo, la mia natura tanto bisogno de la vostra arte quanto la povertá, in cui sono, de le mercé dei principi, il libro suo mi è stato si caro, che l’ho preso con