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LXXXIV

AL SIGNOR GONZALO PERES

Ringrazia lui e don Luigi Davila; è grato alla memoria di Antonio da Leyva dei buoni uffici interposti per fargli ottenere da Carlo V la pensione di cui nella lettera lxxxi; e accenna al ritratto che del Perez fará Tiziano. Egli è certo, signore, che gli altrui benefattori, nel presto dar de le cose, diventano piú gloriosi che non è un dio, il qual indugia il concedere de le sue grazie: perché le promesse lunghe a giugnere si mangiano i giorni di coloro che spettano con la speranza, e son piú maligne che quello avaro «no» che non ti vói promettere; ma le promessioni tosto osservate connumerano fra i piú benigni iddíi gli osservatori loro. Ed. essendo cosi, Vostra Signoria, che quasi in un tempo mi avisò e mandò il testimonio del felice aviso sottoscritto da l’invitta e fida mano di Sua Maestá, non dee esser tenuto da me quasi dio de le necessitá mie? Ma perché la mia vcrtú non è grande come la vostra bontá, accioché io potessi tanto lodarvi quanto mi avete giovato? Io ricevei il previlegio augusto dal signor Domenico Gaztelú, non men cortese che vcrtuoso; e, se non, molto dopo, pur da lui non riceveva la vostra carta, non si creda che io con una lettera ve ne ringraziassi. Perché il pensarsi di sodisfare con venti fila di parole agli oblighi che i miei pari hanno ai personaggi a voi simili, non solo è uffizio ingrato, ma villano ancora, e appena pagarò parte di quel che vi debbo con un libro. Né si dubiti ch’io noi faccia forse con la prestezza, con la quale utilmente avete onorato me. E vi giuro, per la riverente afTezzione che io porto a don Lope Soria, che mi pento quasi d’averlo acettato; poiché un Covos, la cui provida integritá e potente gentilezza ticn la chiave tlcl secreto animo de l’imperadore, si è degnato di favorir me, che apresso de la grandezza sua son piú piccolo d’un peccato minimo in mezzo a l’immensa misericordia di Cristo. Qual guiderdone sará