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delle pievi di bono e di condino nel trentino 37

ubbidito alla chiamata dei consoli (la multa in questo caso si divideva tra i suoi compagni che fossero intervenuti): quella che vieta il lavoro nei giorni festivi; quella che ordina il pagamento dei legati entro un anno dalla morte del testatore, quelle infine, relative all’igiene pubblica, che proibiscono di fare immondizie nelle vie del Comune o di gettarvi aliquod vituperium.

È unito alle altro carte e serve per completare lo studio delle condizioni delle Giudicarie in quel tempo un documento del 1290 (XXXIII),1 contenente gli Statuti compilati dal Vicario del Conte del Tirolo e dai Sindaci delle Valli, il più antico corpo di statuti giudicariesi che si conosca, giacché la serie regolare dei Privilegi vescovili non comincia che dal 1407. L’atto, per il tempo e per le circostanze in cui fu compito, ha un certo interesse anche per la storia generale del Principato, Nel 1290 era Vescovo di Trento Filippo de’ Bonaccolsi di Mantova, il terribile Inquisitore, il quale, sebbene eletto ancora l’anno avanti, non era per anco riuscito ad occupare la sua nuova signoria, perchè Mainardo II, conte del Tirolo, con continue tergiversazioni, ora mostrandosi propenso alla restituzione, ora negandola assolutamente, non si risolveva mai a lasciare libero il Vescovato. I nostri Statuti sono una prova di più per mostrare che egli cercava intanto di stringere a sé le popolazioni rurali con la concessione di privilegi e col ridurre a legge molte delle antiche e già vigenti consuetudini. Così nei trentuno capitoli della nostra pergamena, disposti senza alcun ordine logico, si riscontra chiaramente l’influenza esercitata dalle due parti che concorsero a quella compilazione. Dal lato di Mainardo è evidente la preoccupazione sulla fedeltà dei Giudicariesi, e il timore che non si macchinasse qualche sommossa contro di lui in favore del Vescovo, allora specialmente più terribile in quanto che sul Conte pesava la minaccia della scomunica e poi la scomunica stessa, un fatto che doveva grandemente impressionare l’animo dei sudditi. Ogni congiura era quindi punita colla morte di chi la tramava non solo, ma

  1. Ved. Papaleoni, Contributi alla Storia delle Giudicarie nel secolo XIII (Trento, 1887).