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58 | delle feste e dei giuochi |
gli onori conceduti fuori di tempo, o però li serbassero tutti pel suo ritorno, pose il piè sulla nave in quello istante medesimo in cui la folgore colpiva la torre di Santo Ambrogio (era questa la chiesa parrocchiale dell’Assereto), e ordinò di sferrare.
Ma poichè la battaglia donde l’Assereto uscì trionfante si ha da lui stesso descritta in una lettera alla Repubblica, dettata nel patrio dialetto il giorno appresso a quello dell’ottenuta vittoria, io penso che non riuscirà discaro al lettore il vederla qui testualmente riferita.
«Magnifice et Prestantissime Domine mi singolarissime et spectabiles ac preclari cives Patres et Domini honorandissimi.
«Avanti che noi scrivemo altro, noi vi suplichemo che ve piase de recognosce questa singola vittoria da lo nostro Segnò De, e da lo beo San Georgio e da San Domenego, in ra festa de lo quà, in venerdì, fu la nostra assai sanguinenta battaja, della qua noi semo steti vittoriosi no per le nostre forze, ma pe la virtù de De, abiando la giustitia da la nostra parte.
«Lo quarto dì de questo meise, la mattin per tempo, noi trovammo in ro mà de Terracina assai presso tera l’arma de lo Re di Aragone de nave quattorze elette inter vinti; de le quae nave erano e sono sei grosse, le altre commune, con li re e baroin li quai Voi audirei de sotta, e con huomini sei millia, per quello che posserno saveì da elli; sicchè ra menò nave1 de 300 a 400 nomini havea, le altre 500 in 600, la reale nomini 800, inter2 la quale era lo Re d’Aragone, lo infante3, lo duca de Sessa, lo principe de Taranto, lo figgiolo dello conte de Fondi, e 120 cavalieri. Erano con le dette navi galere undixi e barbotte sei, et era lo vento