Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/421


fra venezia e ravenna 415

del Po dove grandissime erano le possessioni della chiesa di Ravenna, Filippo li contrastò a tutto potere. E così si ritrova che nell’anno 1259 Bono arcidiacono e vicario di Filippo stando in una certa torre dei Veneziani sul Po presso a Capo d’Orzo, a’ 13 di maggio in nome del suo arcivescovo protestava contro alle pretese della repubblica, ed intimava a Tomaso Morosini ed a Giovanni Tiepolo capitani delle galere di Venezia a non edificare altrimenti quel castello che la Signoria avea loro imposto di erigere, perchè questo sarebbe tornato a danno della chiesa di Ravenna che avea il dominio dell’isola da essi scelta a questo fine1.

Ma la chiesa ravennate contrastava invano il passo ai Veneziani, i quali impazienti di signoreggiare sul Po sembra che erigessero il castello malgrado le proteste dell’arcidiacono, trovandosi come due anni dopo (1261) l’arcivescovo Filippo mandò suoi procuratori a Venezia per ottenere risarcimento dei danni arrecatigli dai Veneziani nel territorio d’Argenta con la edificazione di un castello pel quale (come per le galere armate che erano nel Po) era impacciata la navigazione, impedito il commercio, cessato ogni provento del pedaggio2. Non ci rimane memoria della risposta dei Veneziani.

[Antico trattato per la libera navigazione del Po. ] IV. Ma prima di seguitare a dire del modo che tennero i Veneziani per insignorirsi delle ripe de Po, è da ricordare come sino dal tempo in cui duravano i negoziati ed incerta ancora era la pace fra Federigo Barbarossa e la lega lombarda, fosse stata pattuita in Ferrara per opera di sei città italiane e specialmente di Ravenna e di Venezia, la libera navigazione di quel gran fiume. Questo patto, violato presto e dimenticato, rimase sconosciuto agli storici, ed io lo ritrovo in un documento inedito di cui mi è grato arricchire questo lavoro, e risale

  1. Fant. Mon. Rav., T. V, pag. 337; Arch. Arc. Rav.
  2. Arch. Arc. Rav., Capsa F., num. 2286.