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412 | delle antiche relazioni |
Narra il Salimbene che essendo egli venuto per nave da Ravenna ad Argenta dove Filippo stava rinchiuso nella sua villa per cagione delle discordie che aveva col marchese d’Este e col Pallavicino, disse a certo Peregrino da Pisa suo familiare che volentieri avrebbe veduto l’arcivescovo per contargli certe novelle. - Ma udì che se ne stava sempre solo senza voler vedere alcun forestiere e che tutto il giorno passeggiava in su ed in giù per il palazzo cantando antifone alla Vergine e fermandosi ogni tanto a bere, che in ogni angolo delle sale avea un’anfora di vino sceltissimo che conservato in acqua freschissima a lui gran bevitore nella state era delizioso ristoro. Narrate a me le novelle, disse il Peregrino al Salimbene, ed io le riferirò, chè l’arcivescovo non ammette alcuno al suo cospetto. - Ebbene, disse il frate, è morto papa Urbano IV.
Corre il Peregrino a Filippo, e questi, udita la cosa, se ne rallegra assaissimo sperando di giungere finalmente al papato e per la fama e per le imprese sue, e principalmente per la predizione fattagli un dì a Tolentino da un negromante, che in sua gioventù Filippo molto avea studiata simile arte ed anche nella guerra contro Ezzelino avea condotto come astrologo un Everardo de’ frati predicatori.
E subito manda al Salimbene un piatto di pesci di mare ed una mezza torta. Un giovine paggio va al frate e gli dice: Ecco quanto il mio signore v’invia dal suo pranzo e vi chiede se davvero credete che il papa sia morto. - E il Salimbene risponde: Digli ch’io so per certo che il papa è morto e che il papato è vacante.
E Filippo invia un secondo e poscia un terzo piatto al Salimbene sempre ripetendo la dimanda se il papa era proprio morto, se egli ne era proprio sicuro. E quegli stanco del rispondere: Volete, disse, che in poche parole ve ne assicuri? In quella nave che e nel Po, c’è un frate minore ammalato, che fu presente alla