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rassegna bibliografica 137

Gentile di Ravenna. Il quale si volge al re del cielo, pregandolo così:

Adiutame ch'io dica il crudel atto
d' un traditore perfido e fellone
fuor di pietade furioso e matto
per cui se reggie anchoy Porto da None
chel recepto de Torre ha disfatto
brusando quel con tutto el suo zirone.
Un padre e una madre e dieci nati
col fuocho tutti ha morti e inabissati.


Questo fatto era avvenuto sotto l’arciducato di Guglielmo, nè più tardi cessarono le controversie con Torre. Che anzi quelli di Pordenone ebbero contezza di pratiche traditrici, avviate con Federico, figlio di Giovannino di Ragogna, da Iacopo Rubeis. Il quale «habitans in Portusnaonis, non habens pre oculis Deum neque Sanctos, contra statum terre nostre Portusnaonis nuper evidentissimis pro litionibus falsis tractavit, et intendebat in omnibus pertractare»1. Ma sembra si preferisse il signor lontano e inoffensivo al despotismo dei capitani, se, in un documento, la comunità si lagna coll’arciduca dell’amministrazione negletta e, con esempio ripetuto anche più tardi, fa istanza pel mutamento del Tanicher, formulando contro di lui dieci capi d’accusa. Cosi la comunità viveva non sempre sicura dai suoi nemici e solo compiacevasi delle franchigie, rinnovate sempre e da Guglielmo e dal successore Leopoldo e da Ernesto che condonavale ancora l’annuo censo di secentocinquanta fiorini. Nullameno pesava sopra il comune l’incendio di Torre, finchè fu assolto con bolla del 5 marzo 14062, malgrado che Federico di Ragogna insistesse per una indennità pecuniaria. La questione fu composta nel 1420 essendo Federico stato accolto qual cittadino di Pordenone, ma pur rinacque di tanto in tanto col pretesto dei confini3.

Venezia, fatta signora del Friuli, adocchiava cupidamente Pordenone e forse provocava disordini; di che si dolse l’ar-

  1. Pag. 144, Doc. CXXXI.
  2. Pag. 149-152, Doc. CXXXVI, CXXXVII.
  3. Pag. 223, Doc. CXCVIII.