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fra venezia e ravenna | 9 |
di Ravenna e dell’Esarcato. E sebbene sia da credere che i più fossero favorevoli alle mire del governo imperiale, nondimeno v’ebbe chi o per vendicarsi di privala ingiuria o per amicizia all’arcivescovo Sergio, rivelò cautamente i secreti disegni di quella corte. Nell’anno seguente si accrescono i medesimi timori, ed il papa in una lettera a Pipino si mostra ognor più benevolo verso il re Desiderio, col quale dice di avere fissato un convegno a Ravenna per vedere come difenderci dalla malizia dei Greci che ogni giorno minacciano di rientrare in quella città1.
Così l’imminente pericolo del ritorno dei Greci in Ravenna avea fatto accostare i papi ai Longobardi, i quali, perchè più vicini, era da sperare che potessero più prontamente e più efficacemente difenderla.
Il Codice Carolino contiene poi qualche lettera di papa Adriano I a Carlomagno dove si tocca di cose ravennati. Ve n’ha una dell’anno 774 la quale è tutto un lamento contro Leone arcivescovo di Ravenna:
[Lamenti dei papa contro Leone arcivescovo di Ravenna.] «Abbiamo saputo» egli dice, «che quel protervo ed arrogantissimo Leone arcivescovo di Ravenna ha mandato nostro malgrado i suoi messi all’Eccellentissima Benignità Vostra per esporre cose falsissime. Ma sappiate, re grande ed eccellentissimo, che appena l’Eccellenza Vostra si partì di Pavia alla volta di Francia, ribellatosi a noi, si è impadronito di Faenza, di Forlimpopoli, di Forlì, di Cesena, di Bobbio.... del ducato di Ferrara, d’Imola e di Bologna, dicendo che l’Eccellenza Vostra gli ha concedute queste città insieme a tutta la Pentapoli. E per tutta questa ha inviato Teofilatto suo messo ad annunziarlo per toglierla alla nostra obbedienza; ma quei popoli non hanno voluto cessare dal servire al beato Pietro, ed a noi.
«Nondimeno ritenendo in suo potere le suddette città dell’Emilia, questo nefando arcivescovo ha scacciati i
- ↑ Ibid., N.° 15.