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6 | delle antiche relazioni |
ed adoperandosi a dominare le cose ravennati, non ebbero pace sinchè la città non fu loro soggetta. E questi loro novelli modi ebbero forse principio con violenze private, le quali dovettero divenire assai frequenti e portare gravi danni, poichè si legge nell’Agnello1 che nell’anno 768 [Primo accordo coi Veneti. ] l’arcivescovo Sergio fece un trattato coi Veneti perchè nulla gli avvenisse di male. - Conjunxit foedus cum Veneticis ut ne deterius quid ei contigerit. Secondo alcuni storici, i Veneziani furono così esperti nello stringere questo trattato che per esso ebbero modo di comandare in Ravenna più che mai.
Non è poi chiaro come il potere e la signoria civile degli arcivescovi vi andasse allora distinta e congiunta con quella dei Longobardi, ma è manifesto che era assai forte e rispettata e che ultimamente erasi rinvigorita per l’ossequio che gli Italiani, portarono agli ecclesiastici, tanto maggiore dopo le contese con l’imperatore iconoclasta così saggiamente da papa Gregorio II capitanate e temperate. Potremmo aggiungere della forza d’uomini d’arme, del dominio di terre e di castelli, che aveano gli arcivescovi ravennati, e come molti di essi superbi del titolo d’esarchi; chiamati pure pontefici e cinti di canonici e di abati col nome di cardinali non volessero piegare il capo al Papa Romanus2.
- ↑ Ed anche: Haec antem civitas vexabatur a Langobardis et Veneticis. In Vita Sergi.
- ↑ E questo era già stato più volte fonte di sanguinosi tumulti, come quando l’arcivescovo Felice, fattosi indipendente dal papa nella Chiesa e dall’imperatore nel governo di Ravenna, come seppe che Teodoro patrizio veniva con un naviglio da Bisanzio per saccheggiare la città, chiamali gli aiuti di tutte le terre e di tutte le chiese di Romagna, fece tagliare il Po, si che tutto il territorio di Ravenna fu allagato e l’armata imperiale non avrebbe potuto offenderla senza l’aiuto consueto delle piatte ed agili navicelle dei Veneti. I quali per i vantaggi de’ loro commerci avrebbero voluto che Ravenna fosse grande e splendida metropoli, ma insieme queta e sicura, e queste continue ribellioni non amavan per nulla. La città assalita dagli imperiali sulle navi dei Veneti, fu presa e molli cittadini uccisi, e fra questi quel Giovannicio già segretario di Giustiniano che fu fatto morire fra due muri come un topo. E fra i nobili ravennati fatti venire a tradimento in sulle navi fu anche Felice arcivescovo, che acciecato