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112 vita di domenico cirillo

«smo, calò un giorno prima della giustizia al castello del Carmine, disse al Padre assistente che in tutto il tempo del suo arresto era stato ben trattato, e si vedeva , mentre era ben nutrito, e ogni mattina aveva un abbondante ed esquisito pranzo, per più di sei persone, senza mai aver potuto sapere chi gliel’avesse mandato.

«Si mostrò docile al Padre assistente, dicendo che si fosse figurato, lui essere una cera, onde quello che avrebbe detto, egli era prontissimo a fare. Si dispose a ben morire con buoni sentimenti e con coraggio. Prima di andare al patibolo volle farsi la barba e vestirsi pulitamente con scarpe nuove, calze di Francia ed abito di colore oscuro; ed in testa si pose un berrettino bianco con una gran fettuccia, ma stretto stretto, per paura che il boia nel gettarlo, il berrettino non cadesse, e restasse scoverto col capo. Andò raccolto e modesto, confessando il gran male fatto ed i molti iniqui attentati. Il suo bel palazzo sito a Pontenuovo, saccheggiato già prima dagl’insurgenti e calabresi, è stato dato in dono a Don Scipione Lamarra castellano del Carmine, per i suoi gran servigi e meriti».

E un altro storico intemerato lo narra in certe note a penna, Michele Torcia, il cui autografo si conserva nella casa del pronipote Vernau colonnello dello stato maggiore italiano.

Nè potrò averne dubbio, quando io medesimo ho letto la insolenza de’ decreti del 3 e 30 di agosto 1799 e dell’8 ottobre co’ quali il re concedeva tre provvisioni di mille ducati, all’anno su’ beni di Casteldelmonte, appartenenti ad Ettore Carafa, al signor Giambattista De Cesare fatto anche generale e barone; sul principato di Strongoli di Ferdinando Pignatelli al famigerato brigante Niccola Gualtieri, cui si dava il grado di maggiore; ed al capitano Alessandro Schipani e suoi discendenti sopra i beni dell’ammiraglio Caracciolo. Aggiungete la pensione