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376 C. Manfroni

considerevoli somme di denaro e tenevano armata una squadra numerosissima, se desideravano che il loro comandante fosse almeno preavvertito delle deliberazioni prese in quel consiglio segreto, che Filippo aveva posto ai fianchi del fratello, non solo per dirigere le operazioni militari, ma per sorvegliare e frenare le giovanili impazienze del comandante supremo e per impedirgli di acquistare, com’egli sperava e come il papa gli aveva promesso, un regno indipendente1.

La boria e l’orgoglio degli Spagnoli, che, come abbiam veduto, erano suti causa di gravissime discordie durante il 1571, dopo la vittoria s’erano accresciuti: e M. Antonio, che spesse volte era riuscito a frenarli, giovandosi dell’autorità grandissima che godeva come generale di Santa Chiesa, sperava di poter riuscire nell’intento anche in. quest’anno, fingendo di non vedere e di non sentire, raffrenando con calde raccomandazioni l’indignazione dei suoi, ed esortando i Veneziani, che l’avevano carissimo, ad imitare il suo esempio pel bene della patria e della causa cristiana:

Partì dunque da Napoli il 29 maggio, e non il 27, come s’era proposto, perchè nel frattempo eran giunte altre sei galere dell’ordine di Santo Stefano, con le fanterie di Paolo Giordano Orsini e di Antonio Dona; ma poiché questi due signori, come scrive lo stesso Colonna al cardinale di Como in una lettera del 29 stesso, «non volevano» o «non potevano» partir subito, li lasciò a Napoli con due galere, ordinando loro che si unissero colla squadra del Santa Croce, ed egli con le rimanenti galere, undici in tutto, salpò per Messina, dove giunse il 2 di giugno.

Appena arrivato, scrisse al solito cardinale di Como la seguente relazione:


  1. Van der Hammek, op. cit. p. 151.