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La lega cristiana nel 1572 357

L’ambasciatore veneziano, Tiepolo, proruppe in acerbe invettive contro l’egoismo degli Spagnoli, i quali, mentre Cipro era ormai perduta, mentre, secondo la profezia del gran visir, «la barba, rasa a Lepanto, tornava a spuntare sul volto del sultano»1, mentre tutti s’aspettavano una spedizione a Costantinopoli per abbattere del tutto la potenza turca, volevano ad un tratto esporre la repubblica a gravissimo pericolo, per tentar un’impresa difficile allora, ma che sarebbe divenuta facilissima quando r armata turca fosse stata interamente debellata e distrutta. Il legato Tiepolo e l’ambasciatore straordinario Contarini scorgevano in questa proposta un tranello teso alla loro repubblica per impedirle di ricuperar Cipro ed esporla al pericolo di perdere fors’anche Corfù, quando la sua squadra fosse lontana ed intenta ad espugnare i castelli di Barberia per conto del re di Spagna2n 1.

  1. Mi servo dell’edizione francese del 1861, traduzione del Renson, non avendo qui in Livorno il testo inglese.
  1. Paruta e Longo, op. cit.
  2. Di tutte queste trattative si trova solo un fugace ed inesatto cenno negli storici spagnoli. È utile far notare che anche il Prescott, il Forneron e tutti gli altri biografi di Filippo, che studiarono su fonti esclusivamente spagnole, si sforzano di porre in luce la malafede dei Veneziani, e tentano di gettar su di loro la colpa della cattiva riuscita della campagna 1570-71. Il Prescott (V, 62), p. es., dice che lo Zane «avait été déposé pour cause d’incapacité, démontrée spécìalement par sa négligence à engager l’ennemi au combat»; più volte parla con acrimonia della condotta dei Veneziani e ne mette in dubbio la lealtà; parlando della condotta degli Spagnoli prima di Lepanto dice: «Ils s’y engagèrent (dans la guerre) méme avec un empressement, qui eût pu faire croire que leur maître la faisait pour son propre compte, plutôt que comme un allié» (p. 64); parla dell’incuria dell’ammiraglio Veniero e poi passa sotto silenzio le accuse degli Italiani contro il Doria, benchè citi di tratto in tratto il Paruta e il Lafuente (che, quantunque spagnolo, non tace la verità), ma solo là dove non v’è questione controversa. Non parliamo poi del Forneron (op. cit. II, 206-208), che in poche righe accumula centinaia di inesattezze. Cosi si scrive la storia!