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PEN — 716 — PER


Penzioni. s. f. Assegnamento annuo per servizî prestati: pensione. Quel tanto che si paga per abitare, mangiare, in casa altrui: dozzina. In questo senso, pensione, sarebbe francesismo. || stari, dari, teniri a penzioni: stare, dare, tener a dozzina.

Penzionista. V. penzionariu. || Per penzionanti V.

Penziunedda. V. pinziunedda.

Pepè. V. loccu. || Voce da bambini per scarpa.

Peppi-nnappa. V. scoquenchiaru.

Per. prepos. per. V. pri.

Pèranu. V. pèdanu.

Percalli. V. matapollu.

Percepimentu. V. percezzioni.

Percepiri. v. a. Apprendere, capire: percepire. || Ricevere: riscuòtere, esigere, (percepire in questo senso è biasimato da Ugolini). P. pass. perceputu: percepito, percetto o perceputo.

Percettibbili. add. Che si può percepire: percettibile.

Percettivu. add. Che comprende o che si può ravvisare: percettivo.

Percetturi. s. m. Ricevitore, esattore: riscotitore, esattore, percettore.

Percetturìa. s. f. Officio del percettore: percettorìa.

Percezzioni. s. f. Il percepire: percezione. || Ricevimento, percezione di danaro o altro: riscossione, percezione.

Pèrchia. s. f. T. zool. Pesce che ha la testa inclinata, ed i coperchi branchiali squamosi e addentellati: persico. Ve ne sono di più specie.

Pèrcia. s. f. Quella parte dell’aratro che serve per timone: bure. || Arnese di legno ove appiccansi i cappelli o gli abiti: cappellinajo, attaccapanni. || T. torn. Lunga mazza elastica, fermata da un capo al soffitto, e dall’altro capo pende la corda: pèrtica (Car. Voc. Met.). (Dal Fr. perche che significa pertica, bastone ). || V. spercia.

Perciagaja. V. sperciagaja.

Perciapagghiaru. V. sperciapagghiaru.

Perciò, prep. Per questo, per la qual cosa: perciò.

Percioni. Paragoge di perciò V.

Percossa. s. f. Battitura: percossa.

Percòtiri. v. a. Battere, dar colpi: percuòtere. P. pass. percossu: percosso.

Perculari. V. sculari. || V. stillari.

Percussioni. s. f. Percossa: percussione.

Perdicana. V. pirnicana (Pasq.).

Perdijurnata. s. m. e f. Ozioso, scioperato: perdigiornata, perdigiorno.

Perdimentu. s. m. (Scob.) Il perdere: perdimento.

Pèrdiri. v. a. Restar privo d’una cosa già posseduta: pèrdere. || Contrario di vincere: perdere. || Contrario di guadagnare: perdere. || Consumar invano, gettar via: perdere. || Smarrire. || Posto ass. si dice delle cose che mutano la loro qualità o perdon il loro vigore: perdere. || Disperdere, mandar in rovina: perdere. || Perdere al paragone: perdere. || Scemare di dignità, avvilirsi: perdere. || rifl. Perdersi. || Cader d’animo, smarrirsi: perdersi. || Che si dice pure pirdirisi d’animu: perdersi d’animo. || Disertarsi, morire: perdersi. || Dannarsi, andar all’inferno: perdersi. || Smarrire la strada: perdersi. || perdiri di vista, non veder più, una cosa, allontanarsi: perder di vista o d’occhio. || – la missa, non giunger a tempo di poterla ascoltare: perder la messa. || – lu senziu, li ciriveddi ecc., uscir di sè: perder la scrima. || – l’occhi, met. perdere ogni cosa: perder gli occhi. E vale pure essere grandemente applicato in checchessia: essere accanito. || nun nni perdiri pilu, rassomigliar moltissimo: non ne perder nulla. || – di condizzioni, deteriorare. E fig. perder della dignità: scemar di credito.|| nun aviri chi perdiri, per dinotare la povertà di alcuno, o la disperatezza di chi si mette a far checchessia. || perdiri tirrenu, fig. deteriorare, peggiorare sempre più: andar in male. || – ad unu lu rispettu, trattarlo con irriverenza: perdere ad alcuno il rispetto. || pirdirisi ’ntra una cosa, compiacersene più del dovere: perdersi in checchessia. E vale anche: non ci si raccapezzare. || essiri persu pri ’na persuna, esserne grandemente innamorato: essere perduto di alcuno. || Quando ad alcuno per un colpo di paralisia rimane un membro paralizzato, si dice per esempio ha perso un braccio ecc. E dicesi parimenti di altro membro per qualsiasi malattia o danno, p. e. ha perso un’occhio ecc. || pirdirirci, rimaner al disotto: perderci. Lori ha nella Mea. Avo ’na voce ch’a sberciar con meglie, I primi cantatori ci hanno perso. || Prov. perdiri lu stentu e la liscia, affaticarsi inutilmente, perdervi l’affanno e il capitale: perder il ranno ed il sapone. || perdiri li muli e circari li crapisti, di chi avendo perduto il molto, si affatica a riaver il meno. || cu’ perdi ciucca ed arricupra mantu, nun perdi tantu, chi perde una cosa e ne recupera altra equivalente, non perde poi tanto. || megghiu perdiri ca straperdiri, o megghiu parti chi tuttu, è chiaro: meglio perder il dito che la mano, o la pelle che il vitello. || assai guaragna cu’ non perdi, o cu’ nun perdi assai guadagna, il non perdere è quasi un guadagno. || cu’ perdi havi sempri lu tortu, secondo in che: chi perde ha sempre torto. || tintu cu’ sempri perdi e mai guadagna, lo credo gua’! || tintu cu’ perdi pri jiri circannu, piuttosto che poi cercare è meglio non perdere da prima. || nisciunu perdi s’autru nun guadagna, così spesso la morte di uno è la vita di un altro: non è mai mal per uno, che non sia ben per un altro.

Pèrdita. s. f. Il perdere: pèrdita. || Dicesi delle persone onde altri è stato privo per morte: perdita.

Perditempu. s. m. Tempo mal consumato: perditempo.

Perdituri –tura. verb. Chi o che perde: perditore –trice.

Perdizzioni. s. f. Danno, rovina: perdizione. || Dannazione: perdizione. || Perdimento, privazione di cosa rara: perdizione. || iri ’n perdizzioni, andar in rovina: andar in perdizione.

Perdunu. V. pirdunu e derivati.

Perdurari. v. a. Durar tuttavia: perdurare.

Perdutamenti. avv. Dissolutamente, abbandonatamente: perdutamente.