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Furficïata. V. furbiciata e tutti i simili. || Lo sparlare.

Furficïatura. V. furficiamentu.

Furficiaturi –tura. verb. Chi o che dice male e cose a carico altrui: mormoratore, maldicente.

Furficicchia. dim. di forficia. || Piccolo scorpione.

Furfurinu. s. m. Libertino. Voce sarda, dice Salomone, dove furfurinu che vale passerotto, sta anche per libertino.

Furgaloru. V. cartocciu.

Furgalureddu. dim. di furgaloru.

Furgareddu, Fùrgaru. V. frugareddu.

Furgata di ventu. V. fruvuliata. Prendesi l’idea dalla folgore per l’impeto.

Furgiari. v. a. T. fabb. Bollir il ferro nella fucina, onde lavorarlo agevolmente: arroventare. || Dar forma o foggia: forgiare. P. pass. furgiatu: arroventato. || Foggiato.

Furgiaru. V. firraru.

Furgiaturi. s. m. Fabbro che tratta i ferri roventi e dirige col suo martello il lavoro: magoniere.

Fùria. s. f. Perturbazione di mente prodotta da ira o altra passione: furia. || Impeto, veemenza: furia. || Gran fretta: furia. || muntari ’n furia, incollerirsi: andar o dar in o sulle furie. || a furia di..., per via di..., a forza di...: a furia di.... || fari li così cu furia, frettolosamente, senza considerazione: andare o correre a furia in checchessia. || pigghiari ’na cosa cu furia, dedicarvisi tutto, con impeto e forza: prender una cosa a scesa di testa. || furia si dice quel gonfiore con rossezza, gravezza e dolorifica tensione che vien alle posteme pria di supporare. || Si dice a donna pessima, infuriata: furia, megera, || In pl. a Messina intendon i sobborghi. || primi furii di capitanu novu, si dice della vigoria e volontà mostrata da principio da alcuno nelle faccende. || mastru furia, si dice a chi fa le cose con furia e senza accuratezza: affrucione, acciabattone. || in furia, frettolosamente: in furia.

Furiari. V. fugattiari.

Furiata di ventu s. f. Vento impetuoso e di poca durata: sfuriata. || Si dice semplicemente e per provocazione.

Furiatuna. accr. di furiata: sfuriataccia.

Furiazza. pegg. e accr. di furia: furiaccia.

Furibbunnu. add. Pieno di furia o di furore: furibondo.

Furiotu. s. m. Abitator de’ borghi: borghigiano. V. furia al § 10.

Furirisi. s. m. T. mar. Minuta cordicella di due fili torti: lezzino (Zan. Voc. Met.).

Furista. V. forista.

Furisteri. V. forasteri.

Furisticuni. accr. di furesticu: zoticone.

Furistirazzu. pegg. di furisteri: forestieraccio (Tomm.).

Furistireddu, Furistiricchiu. dim. di furasteri: forestieretto, forestierello, forestierino, forestieruccio.

Furitanu. add. e sta pure sost. Che sta fuor della città: forese.

Furiudicari. V. sbanniri.

Furiusamenti. avv. Con furia: furiosamente.

Furiusazzu. pegg. di furiusu: furiosaccio.

Furiuseddu. dim. Furiosetto.

Furiusissimamenti. avv. sup. Furiosissimamente.

Furiusitati. s. f. Carattere, stato e qualità di chi è furioso: furiosità.

Furiusu. add. Furibondo: furioso. || Pazzo, bestiale: furioso. || Impetuoso: furioso. || Di chi vada frettolosamente, o a precipizio: furioso. || Frettoloso: furioso. || Di chi per ogni lieve cagione dà nelle furie: furioso. Sup. furiusissimu: furiosissimo.

Furiusuni. accr. di furiusu.

Furiuni. s. m. Strumento di legname col quale, per mezzo di un burattello di velo scosso da una ruota, si cerne la crusca dalla farina: frullone.

Furma. s. f. T. art. Modello, norma su cui formar un lavoro: forma. || – di dammusu, legno che fa da armatura temporanea alle volte: céntina. || Arnese di gesso, cera o altro in cui si getta il metallo o gesso o che, per riprodurre il lavoro: forma. || E quello in cui si gettano i caratteri che si fondono: forma. || T. stamp. Una o più pagine di caratteri che si racchiudono in un telajo per istar ferme: forma. || – di scarpa, quel legno a figura di piede su cui si lavora la scarpa: forma. || – di cappeddu, quella su cui si fa il cappello: forma. || E nell’uso si dice alla parte del cappello dov’entra il capo. || – di tumazzu, ecc., un formaggio intero: forma. || – di lu nicissariu, arnese di terra cotta forato, che si pone alla bocca del cesso: cappellina. || essiri ’na furma di sangu, di grascia, ecc, esser imbrattato pienamente di sangue o che. || furma, vaso in cui si adatta il cacio, per cui dicesi formaggio: forma. || Segno, impressione lasciata da checchessia: forma. || a furma, posto avv., fatto nella forma: a forma.

Furmàbbili. add. Atto a prendere forma o ad esser formato: formabile.

Furmaggeddu. s. m. dim. di formaggiu: formaggiuolo.

Furmaggera. s. f. Vaso in cui si adatta il cacio, in cui piglia forma: forma.

Furmaggettu. dim. di furmaggiu: formaggetto. || Per sim. sorbetto così conformato.

Furmaggiaru. s. m. Colui che fa o vende il formaggio: formaggiajo.

Furmàggiu, Furmaju. s. m. Cacio messo in forma: formàggio. || E da noi si dice a quello che si sala fresco senza infondersi prima nel siero bollente. || stari comu lu vermi ’ntra lu furmaggiu, chi viva agiato, senza sentire scomodo di sorta. || prov., lu furmaggiu chi nun si manìa fa vermi, i giovani non corretti vengono cattivi: acqua che non s’usa fa vermi. || raccumannari lu furmaggiu a li surci. V. raccumannari la pecura ecc. (In alcuni dialetti dell’alta Italia dicon anche: formajo).

Furmali V. formali.

Furmalità. V. formalità.

Furmari. V. formari e seguenti.

Furmaru. s. m. Artefice che fa le forme, sia da scarpe, da stivali, ecc: formajo.

Furmateddu. add. dim. Poco lontano della possibile compitezza. || Sorta di carattere tondeggiante: formatello.