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ZUB — 1118 — ZUR


zu nuddu, dicesi ad uomo da poco, di veruna autorità.

Zubba. s. f. e add. V. agresta.

Zubbi. V. garufi. || E Mal. V. musuluchi.

Zubbia. V. subbia e simili.

Zubbibbu. V. zibbibbu.

Zùbbiu. s. m. Luogo di grande profondità fra valli e burroni, voragine: baratro. || Incavo sotto i palmenti per dove cola il mosto. Forse dal Lat. sub eo. || Fossa grande, per sepoltura: carnajo. || essiri jittatu ’ntra lu zubbiu, fig. trovarsi in istato lagrimevole senza speranza di migliorare.

Zubbu. V. cazzu (Mal.). || add. V. agrestu, o virdi: immaturo.

Zucari. V. sucari. A Messina.

Zuccanu. V. zaccanu.

Zuccararu. s. m. Chi fa o vende zucchero.

Zuccarateddu. dim. di zuccaratu.

Zuccaratu. add. Dolce condito di zucchero: zuccherato. || Per grazioso, bellino.

Zuccareddu. dim. di zuccaru. || essiri un zuccareddu, essere molto bello o grazioso. || Per zucchiceddu V.

Zuccarera. s. f. Vaso dove tiensi lo zucchero; zuccheriera.

Zuccaridduzzu. dim. e vezz. di zuccareddu.

Zuccarina. s. f. add. Uva di chicchi compatti, dolce a mangiarsi.

Zuccarinu. add. Di pere o pomi di sapore dolce: zuccherino.

Zuccarruni. V. zamparruni (Da zuccu).

Zuccaru. s. m. Materia dolce nota: zùcchero (A. V. ital. in Cecco Angiolieri: zuccaro). || Quasi come add. per dire, buono, bello, caro, vezzoso. || essiri un zuccaru, essere molto grazioso. || – ’n campana, ’m pani, raffinato e ridotto a forme: zucchero in pani. || duci comu lu zuccaru, voce di paragone: dolce come lo zucchero. || essiri ’na pasta di zuccaru, dicesi di uomo di ottime qualità: essere una pasta di zucchero. || Prov. zuccaru nun guasta bevanna, le cose buone non son mai disgradite: zucchero non guastò mai vivanda.

Zuccarusu. add. Che ha in sè dello zucchero: zuccheroso.

Zùccheru. V. zuccaru (Pitrè).

Zucchetta. s. f. Zucca vuota che serva da fiasco: zucchetta.

Zucchiceddu. dim. di zuccu: cepperello.

Zùcchiru. V. zuccaru.

Zuccotta. V. bozza.

Zuccottu. V. zuccaru al § 4.

Zuccu. s. m. Base o piede dell’albero: ceppo, ceppaja. || Propriamente il ceppo troncato: ciocco. || fig. Beni stabili: poderi. || La parte più grossa dell’orecchio esterno, che è impiantata nell’osso pietroso: ceppo dell’orecchio (zòccola, in ital. è il piedestallo; più in Toscana un ciocco chiamerebberlo anco zoccarello, come nel prov. vesti un zoccarello e pare un fantarello, per cui dev’essere un’origine comune). || o zuccu o ventu, frase comune in chi o voglia molto o si contenti del nulla: o Cesare o niente.

Zucculanti. s. m. Frate di quelli che portavano gli zoccoli, eran della regola di S. Francesco: zoccolante.

Zuccularu. s. m. Chi fa zoccoli: zoccolajo.

Zucculì. V. zipepè.

Zuccuni. accr. di zuccu; la parte del ceppo dove sono appiccate le radici: ceppaja. || Prov. vesti zuccuni ca pari baruni, V. in baruni.

Zùchiti. Voce bassa imitativa del suono del violino. || fari zuchiti zuchiti, V. zuchitiari.

Zuchitiari. v. intr. Far il suono del violino. || V. zurrichïari. || Per cataminari V.

Zucu. V. sucu.

Zùcuti. V. zuchiti.

Zucu-Zucu. V. zùchiti.

Zucuzzuni. s. m. Il tronco grosso e duro della zabbara. || fig. Stupido, allocco: baccellone.

Zuddarari. v. a. Empir di zacchere: zaccherare.

Zuddareddu. dim. di zoddaru: zaccherella.

Zuddarusu. add. Pien di zacchere: zaccheroso. || V. rucciulusu.

Zuffa. s. f. Contesa, baruffa: zuffa.

Zuffiari. v. intr. Mangiar con prestezza ed avidità: scuffiare.

Zufficedda. dim. di zuffa.

Zuffiuni. V. suffiuni.

Zufia. s. f. V. gebbia. || A Naro.

Zuinu. s. m. T. zool. Uccello che ha il petto rosso, e un po’ di rosso sul capo: montanello. Fringilla cannabina L. || Per mezzano, specialmente di cose basse (Che venga da ciuire? che è far il fischio del topo, e lo stridere di una cosa tagliata, come p. e. il sughero).

Zuiru. V. lupu (Spat.).

Zuliata. V. suliata, e simili.

Zuminicu. (Catania) fari lu zu Minicu, mettere una mano in sulla snodatura dell’altro braccio piegandolo all’insù, per segno di dispetto al compagno, al quale atto si suole anche aggiungere, struditi e manciati l’ossa: fare il manichetto, il manichino.

Zummari. v. intr. Far quel romore come fanno le api: ronzare (Scob. e Spat.).

Zummu. s. m. Romore che fanno le api: ronzìo.

Zummuliata. V. sassulata, gran quantità.

Zuodi. V. cipuddi.

Zuppa. V. suppa.

Zuppàggini. s. f. L’essere zoppo, la qualità astratta: zoppaggine.

Zuppappata. V. suppappata.

Zuppazzu. pegg. di zoppu: zoppaccio.

Zuppiamentu. s. m. Lo zoppicare: zoppicamento.

Zuppiari, Zuppichiari. v. intr. Andare zoppo: zoppicare, zoppeggiare. || Errare, imbrogliarsi in parlando: barbugliare.

Zuppicuni. avv. O anco a zuppicuni: zoppicone, zoppiconi.

Zuppiddu. dim. di zoppu: zoppetto, zoppettino.

Zuppizza. V. zuppaggini.

Zurbara. s. f. L’albero delle sorbe: sorbo.

Zurbiarisi. v. intr. Affaticarsi invano: acciaccinarsi.

Zurbiata. s. f. L’atto dello acciaccinarsi.

Zurbignu. add. Di sorbo: sorbigno. || V. zurbusu.

Zurbinottu. V. zerbinottu.

Zurbusazzu. pegg. di zurbusu.

Zurbuseddu, dim. Afretto.

Zurbusu. add. Di sapore aspro simile alla sorba immatura: afro, sorbino, lazzo.

Zurriari, Zurrichiari. v. intr. Lo stridere di certe cose fregate: sgrigliolare; o un sughe-