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anderebbe dieci miglia dietro a una cammella solo per vederla, e poi si ha tanta temperanza e sofferenza in sè, ch’essendo egli colla madre, ovvero colla sorella, non la toccherebbe mai. Tullio dice: Se tu ami la temperanza, togli da te le cose superchievoli e le tue volontadi ristrigni. Anche dice: A tutte le tue volontadi metti il freno. Tolomeo dice: Contraria alle tue volontà in giovanezza; chè in vecchiezza non ti potrai partire da quelle. Seneca dice: Non si può avere nè maggiore nè migliore signoria, che quella di sè stesso. Ovidio dice che le cose domandate e negate inducono maggiore volontà d’averle e di vederle, che l’altre. Socrate dice: Maggiore cosa è a vincere la sua cupidità, che uno suo grande nimico. Plato dice: Chi non può vincere sè, non potrà vincere altrui. Ancora dice: Sette temperanze mi piacciono più che altre: l’uomo casto in gioventù; allegro in vecchiezza; largo in povertà; misurato in ubertà; umile in grandezza; paziente e sofferente nelle avversità. Nelle Storie di Roma si legge della temperanza che il re Priamo, udendo d’uno suo filosofo ch’avea nome Coarda, il quale dicea: chi le sue volontà non raffrena non è uomo, ma con le bestie è da accompagnare; volle sapere se lo potesse conturbare per alcun modo; e perciò mandò per lui, e poi mandò per tutti coloro che aveano peggiore lingua in dir male, e ordinò che ciascuno gli dicesse il peggio che sapesse. E l’uno di quegli gli disse: Di quale schiatta se’ tu, Coarda? Ed egli rispose: La mia schiatta comincia in me, e la tua finisce in te; sic-