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capitolo xii. 45

in terra per raddoppiarla, ma sì nelle persone, che è cotanto più degna cosa. Giovenale dice: Gli danari non sono dello avaro; ma il cuore suo si è bene di loro. E de’ danari Santo Cipriano dice: Gli avari si possono propriamente chiamare pagani, gli quali adorano gl’idoli fatti d’oro e d’argento, perchè così adorano gli danari, e non credono che sia altro Iddio. Seneca dice: Nessuna cosa non si può fare peggiore all’avaro che pregare Iddio che dia loro vita. Malachia profeta dice, che le ricchezze non giovano all’avaro, quando il suo dolente cuore non soffra di spenderne ne’ suoi bisogni. Un altro dice che’ danari non furono dati da Dio perchè l’uomo gli sotterrasse, anzi perchè si dispendessono nelle cose lecite. Del vizio dell’avarizia si legge: che fu uno ch’avea nome Gemino, il quale tutto il tempo della vita sua non avea fatto altro ch’acquistare avere, e mai non s’era potuto saziare; essendo ricco sopra tutti i cittadini della sua terra e della città. E pensando a ciò, si chiamò tutti e tre i figliuoli ch’egli avea, e si disse: io vi priego, figliuoli miei, che questo ch’io ho acquistato, voi spendiate largamente dove si conviene; chè io per me non potre’ più soffrire a spendere, nè più mi sarebbe a grado: e schifate l’avarizia siccome la morte; ch’io l’ho conosciuta per uno de’ pessimi vizj e de’ maggiori che sia al mondo. E perchè l’animo di questo avaro non si potè mai partire da questo vizio, conoscendo bene la malizia e il danno che a lui di questo vizio seguia, Iddio ne mostrò questo miracolo alla sua fine, che si trovò il suo cuore tutto