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capitolo xxxviii. 109

CAPITOLO XXXVIII.

Del parlare e del tacere; come si dee fare.

Ho ragionato in generalità della virtù della moderanza per più piena dottrina che ho saputo. Ora è da sguardare per ordine il modo e la forma che è da osservare in tutte le cose che l’uomo viene a fare. La prima virtù delle persone si è a costrignere la lingua, siccome dice Cato. Si comincerò a dire certi ammaestramenti in su ’l modo di parlare, e poscia dirò l’ordine ch’è da osservare nell’altre cose; onde ciascuno che vuole perfettamente favellare, secondo che dice Albertano, conviene si pigli esempio dal gallo, il quale innanzi ch’ei canti, batte l’alia tre volte. Ancora si dee guardare nelle sue parole in due principali cose: La prima, s’egli è irato, non dee favellare; onde Cato dice: L’ira intriga l’animo, e non lascia conoscere il vero. Ancora si dee pensare l’uomo se troppa volontà lo muove a favellare. Santo Agostino dice: Così come il vino inebria le persone, così la soperchia volontà del parlare. Ancora dee pensare s’egli è bene quello ch’egli vuol dire. Tullio dice: Innanzi che tu favelli, ragiona nel tuo cuore quello che tu vo’ dire più volte; e così rade volte fallerai. La seconda cosa si è a guardare con cui l’uomo favella. Tolomeo dice: Innanzi che tu favelli, fa che tu conosca le condizioni e gli costumi della persona a cui intendi di favellare; im-