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149 ANNALI D'ITALIA, ANNO XLII. 150

e dal lato del fiume opposto all’altro dove era Ostia, fece cavare un porto vastissimo nel continente, con due ale che si sporgevano molto in mare; il tutto guernito di marmi, e con torre o sia fanale ben alto. Si crederono gli architetti, chiamati per tal fabbrica, di spaventarlo con dirgli la sterminata spesa che costerebbe. Egli tanto più se n’invogliò, e volle farla, e la condusse a fine con gloria grande del suo nome. Resta tuttavia il nome di Porto, a quel sito, ma non già vestigio del porto medesimo. Racconta Plinio1, come testimonio di veduta, che mentre si facea quell’insigne fabbrica, capitò colà un mostro marino, chiamato orca, di smisurata grandezza. Per prenderlo bisognò inviarvi i soldati del pretorio, e varie navi, una delle quali restò affondata dall’acqua gittatavi dalle narici del pesce. Molte leggi utili e buone fece Claudio in quest’anno, e fra le altre ordinò, che i governatori e ministri delle provincie, eletti nel principio d’anno, e soliti a fermarsi lungo tempo in Roma, per tutto il marzo dovessero trovarsi alle loro provincie; e che gli eletti nol ringraziassero in senato, come era il costume. Dicea, che non essi a lui, ma egli ad essi dovea rendere grazie, perchè l’aiutavano a portare il peso del principato, e cooperavano al buon governo de’ popoli, con prometter anche loro maggiori onori se con lode avessero esercitato il loro impiego.

Non sarebbe stato Claudio con tutta la sua poca testa un principe cattivo, perchè non gli mancava una buona intenzione, e mostrava genio alle cose ben fatte, privo, per altro, d’orgoglio e di fasto; e sulle prime regolandosi col consiglio dei savi non metteva il piè in fallo2. Ma per sua o per altrui disgrazia cominciò a comparir cattivo, parte per li mali affetti del suo natural timoroso, e parte perchè Messalina sua moglie, la più [p. 150]impudica donna del mondo, e Narciso suo liberto favorito, ed altri mali arnesi della corte, abusandosi della di lui scempiaggine, il faceano precipitare in risoluzioni indegne di lui, e sommamente pregiudiziali al pubblico. Quel che parve strano, dall’un canto era un coniglio pien di paura, e dall’altro uno de’ suoi maggiori piaceri consisteva nell’assister agli abbominevoli spettacoli dei gladiatori, e in vedere gli uomini combattere con le fiere, e restarne assaissimi stracciati e divorati. Diede anche da ridere, l’aver egli fatto levar l’insensata statua d’Augusto dall’anfiteatro, acciocchè non vedesse tante stragi, e non convenisse ogni volta coprirla, quando egli vivente non avea scrupolo di guatarle sì spesso, e di prenderne tanto diletto. Certamente fu creduto che avvezzatosi in questa maniera al sangue umano, divenisse poi sì facile a spargerlo co’ suoi ingiusti decreti, dacchè lo spingevano al mal fare l’iniqua moglie e i suoi perversi servitori di corte. La prima sua ingiustizia, che cominciò a far grande strepito, fu la morte di Appio o sia Cajo Silano, uno de’ più illustri e stimati senatori di Roma, e tenuto in gran conto, ed amato da Claudio stesso, perchè3 padrigno di Messalina sua moglie, avendo sposata Domizia Lepida, madre d’essa Messalina. E perciocchè si sa che Claudio avea già fatti seguire gli sponsali fra Ottavia figliuola di Messalina, e Lucio Silano, s’è creduto che questo Lucio Silano fosse nato dal medesimo Appio Silano e da Giulia nipote d’Augusto, sua prima moglie. Questi sì stretti legami di parentela non trattennero l’infame Messalina del tentar Appio Silano d’adulterio. Il non aver egli voluto consentire fu un grave delitto, a punir il quale Messalina e Narciso si servirono della seguente furberia4. Entrò una mattina per tempo Narciso nella camera di Claudio, che tuttavia dimorava in letto colla

  1. Plinius, lib. 9, c. 6.
  2. Dio., lib. 60.
  3. Sueton. in Claudio, cap. 29. Seneca in Apocol.
  4. Suet. ibid., cap. 87. Dio., lib. 60.