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la scuola di cavalleria 375

La Scuola d’allora formava l’ufficiale; quella d’oggi non fa che compirlo; ma è più faticosa e più austera dell’antica. Licurgo troverebbe poco a ridire sopra l’orario. Gli ufficiali inforcan gli arcioni appena arrivati, e si può dire che restano in sella per nove mesi: non scendon da cavallo che per andare agli attrezzi di ginnastica, passano dalla ginnastica alla sala di scherma, scappano dalla scherma alla scuola d’armi da tiro e d’ippologia, corrono dal maneggio al campo degli ostacoli, dal campo degli ostacoli alla scuola di campagna, dalla scuola di campagna al quartiere, continuamente incalzati, sobbalzati, scrollati, svegliati prima dell’alba, spossati prima di sera, tenuti a mensa tutti insieme, vigilati da vicino e da lontano dall’occhio paternamente terribile d’un colonnello che li conosce un per uno come figliuoli, e li governa col regolamento da una mano e l’orologio dall’altra. Venuti dalla Scuola di Modena, dove prevale la penna al fucile e il tavolino al cavallo, ricevono qui una scossa violenta, quasi brutale, che li sopraffà a tutta prima; ma che riconoscon ben presto necessaria e benefica nella forza duplicata dei muscoli e in un nuovo e come impetuoso sentimento della salute. In quei pochi mesi segue in quasi tutti una trasformazione fisica, come per effetto d’una seconda e rapida adolescenza. Vengono giovanotti, ripartono uomini; entrano studenti, escon soldati. E questo si propone la Scuola, e per questo da rude educatrice li affatica e li sferza, quasi mirando a domar la carne e a castigar le passioni.... Ma non doma e non ca-