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nona 183

Ma non paventi; e in mezzo ai turbin fieri
     S’affidi al tríonfal braccio di Cristo,
     573E in sì gran Nome osi, combatta, e speri.
Dille, che il Genitor, da cui previsto
     Fu già nell’ore d’atra morte ingombre
     576Stretto d’Austria e di Gallia il vincol misto,
Gode in mirar, che pura fè disgombre
     Le sorte invan da invidia infauste larve:
     579Dille, che siam fra i Divi, e non fra l’Ombre.
E tu, poichè tanta a te luce apparve,
     Sciogli all’Inno sonante il suo bel volo,
     582Ch’io vado; e nel dir vado, egli mi sparve.
Rimasi allor sul colle apríco io solo,
     E volsi intorno intorno il guardo grave
     585Di guaste membra al ricoperto suolo;
E di sacro furor, che fren non ave,
     Sentendo il petto ardentemente armato:
     588Dov’è il Popol, gridai, che nulla pave?
Che parea scelto dal celeste fato
     A condur seco ovunque il Campo spinse
     591L’altrui ruine, e i suoi trionfi a lato?
Un giorno sol cotanta gloria estinse,
     In don serbata alla femminea mano,
     594Che ov’egli vincer si credea, lo vinse.
Oh come, Augusta Donna, il monte e il piano
     Fan viva eco al tuo nome, e la ripete
     597Fin ne’ barbari lidi il mar lontano.
Chè te risuona ogni guerriero abete,
     Che là ’ve alla nostr’alba il dì s’imbruna,
     600L’Oceán fende oltre l’Erculee mete.
Già sclamò cieco ardir: Tue forze aduna,
     Donna dell’Austro, e guarda quanto adombra
     603Turbin nero la tua real fortuna: