Nel cui sen nido fér piene del Nume
Pietà, Giustizia e Fede, e al volto vago 144Crebber beltate, ed al cor grazia e lume.
Per sì mirabil pregi, ond’altri pago
Fora d’un solo, dentro me non siede 147Altra a par della sua più grande immago:
Pur d’un Re, duce e spettator, che vede
Le nemiche arti, è più terribil l’opra, 150Che di Donna, che al guardo altrui le crede,
Mentre il sesso gentil vieta, che sopra
Agil destrier le squadre urti e divida, 153E delle dure maglie il petto copra.
Ma dove un folle ragionar mi guida?
La tua voce, i tuoi rai, quel, che s’aggiunse 156Tuo sacro ardor al mio d’assai m’affida.
Perdona al temerario ardir, che punse
L’Alma, e improvviso al tuo parlar mi nacque: 159A mortal cor perdona. Egli soggiunse:
Vince colui, che al Ciel che vinca piacque;
E prode è sol chi Dio vuol che sia prode; 162Credilo; e alzossi il lucid’elmo, e tacque.
Del volto per l’aperto elmo custode
Parvemi ravvisar Uom chiaro in armi, 165Cui, mentre visse, fu scarsa ogni lode,
Tant’ei crebbe maggior degli altrui carmi.
Nol vidi mai, fuor che per fama illustre 168In tele pinto, e in bronzi impresso e in marmi;
Pur la memoria ne’ suoi moti industre
Tal m’avvivò l’idea simile al vero, 171Ch’io dissi: O Eroe, di cui non v’ha chi lustre
Al paragon l’onor del Sacro Impero,
Sei tu il fulmin di guerra Eugenio invitto? 174O pur meco vaneggia il mio pensiero?