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170 visione

Nel cui sen nido fér piene del Nume
     Pietà, Giustizia e Fede, e al volto vago
     144Crebber beltate, ed al cor grazia e lume.
Per sì mirabil pregi, ond’altri pago
     Fora d’un solo, dentro me non siede
     147Altra a par della sua più grande immago:
Pur d’un Re, duce e spettator, che vede
     Le nemiche arti, è più terribil l’opra,
     150Che di Donna, che al guardo altrui le crede,
Mentre il sesso gentil vieta, che sopra
     Agil destrier le squadre urti e divida,
     153E delle dure maglie il petto copra.
Ma dove un folle ragionar mi guida?
     La tua voce, i tuoi rai, quel, che s’aggiunse
     156Tuo sacro ardor al mio d’assai m’affida.
Perdona al temerario ardir, che punse
     L’Alma, e improvviso al tuo parlar mi nacque:
     159A mortal cor perdona. Egli soggiunse:
Vince colui, che al Ciel che vinca piacque;
     E prode è sol chi Dio vuol che sia prode;
     162Credilo; e alzossi il lucid’elmo, e tacque.
Del volto per l’aperto elmo custode
     Parvemi ravvisar Uom chiaro in armi,
     165Cui, mentre visse, fu scarsa ogni lode,
Tant’ei crebbe maggior degli altrui carmi.
     Nol vidi mai, fuor che per fama illustre
     168In tele pinto, e in bronzi impresso e in marmi;
Pur la memoria ne’ suoi moti industre
     Tal m’avvivò l’idea simile al vero,
     171Ch’io dissi: O Eroe, di cui non v’ha chi lustre
Al paragon l’onor del Sacro Impero,
     Sei tu il fulmin di guerra Eugenio invitto?
     174O pur meco vaneggia il mio pensiero?