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166 visione

Colle rote ne’ cerchj aurei fastose
     Presso era il carro condottier del sole
     12L’orme del Cancro a ricalcar focose,
Quando rapito io fui, non già qual suole
     Per impeto avvenir nuovo talvolta,
     15Che ai sensi l’Alma sé medesma invole;
Pur, nol so, fui rapito, e tratto in folta
     Selva, e in piaggia mal nota, e da gravoso
     18Aere non puro opacamente involta.
In quell’orrida parte, ove dubbioso
     Fra i densi rami entra, e furtivo il giorno,
     21Era, cred’io, beltate il rozzo e ombroso.
Misto sorgea fra l’elci fosche adorno
     Di docil chioma il tiglio, e la profonda
     24Radice il tasso avviticchiava all’orno;
Mentre i cipressi la funerea fronda
     Più lugubre rendean coll’ombra errante
     27Del ghiandifero cerro, e dell’immonda
D’umor viscoso abete, a cui davante
     Inordinate ergeansi querce antiche
     30Già domatrici del gran mar d’Atlante:
Ingombravan il ciel poscia le amiche
     Piante de’ lidi sterili e del colle,
     33E dell’umide terre e delle apriche;
Chè il platano frondoso al pioppo molle
     Intrecciava le braccia, e l’alno forte
     36Curvava il salcio, sovra cui s’estolle:
Le vie segnavan disuguali e torte
     Greppi di fitti càrpeni, e di spine
     39Sparse fra vecchie ai tronchi ellere attorte;
E all’occhio, ovunque a sè scegliea confine,
     Verde ognor bruno offrìan l’erbe e le fronde,
     42Rotto sol da spumanti acque vicine,