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rime varie 79


CX.

S’io men servo d’Amor viver sapessi;
Cioè, s’io me più amassi e meno altrui;
E fossi in somma quel ch’io mai non fui,
Non sarian miei sospir sì gravi e spessi.

Ma i dolci affanni in cor ben dentro impressi;
Il mio voler servir soltanto a lui;
E in altri il viver, ben sapendo in cui;
Fan ch’io più mi dorrei, s’io men piangessi.

Stoltamente beato odo chiamarsi
L’uom, che d’adipe armato, in lieta scorza,
Passion nessuna in sè lascia annidarsi.

Pace non vo’, s’ella quel pianto ammorza,
Con cui ponno mill’altre alme infiammarsi;
E che il gel della invidia a pianger sforza.

CXI.

«Il peggio è viver troppo»; e il sepper molti;
Primo tra gli altri quell’Annibal degno,
Ch’esul canuto andò di regno in regno
Onta accattando appo tiranni stolti.

E se i veraci sensi eran raccolti,
Ch’ultimi espresse quel feroce ingegno,
Sapremmo or noi, che il suo sublime sdegno
Questi accenti in morire avea disciolti:

Me stesso, me, di mia vil morte accuso;
Non Prusia infido, e non di Roma il crudo
Odio, finor dall’odio mio deluso.

Canne, a mia fama adamantino scudo,
Oh, ne’ tuoi campi dal mio carcer schiuso
Mi fossi! or non morrei di gloria ignudo.