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rime varie 77


CVI (1783).

D’arte a Natura ecco ammirabil guerra;
Quasi infuocato razzo a vol lanciarsi
Un globo immenso, e nell’aere librarsi,
Portando al ciel due figli della terra.

Amor che l’intelletto a’ suoi disserra,
Veggio turbato invidïoso starsi
Del non aver fatt’ei di vanni armarsi
Uom, che dal nostro carcere si sferra.

Desío di prisca libertade, è fama,
Ch’ali impennasse al volator primiero:
Gloria i due, ch’or qui veggio, al volo chiama.

Duolmene, Amor; ch’era da te il sentiero:
Tu dovevi inspirar sí audace brama;
Tu Leandro guidar per l’aure ad Ero.

CVII (1783).

Il cor mel dice, e una inspiegabil nera
Malinconía, che tal non l’ebbi mai:
Per ben gran tempo più non la vedrai;
Fin forse al giunger del tuo giorno a sera.

Speme orribil, che togli ch’io non pera,
E che me pur non lasci in vita omai;
Speme, che il tempo involi e tempo dai,
O da me cessa, o in me, deh! torna intera.

Certo è lusinga dolce il dir: fien chiusi
Questi occhi almeno per l’ultima volta
Da lei, per cui fur sempre al pianger usi;

Ma l’alma è intanto in rio dolore avvolta,
I più begli anni in aspettar son fusi;
E in un dì poi mi sarà data e tolta.