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184 vittorio alfieri


Con torvi sguardi in doppia lista un cerchio
Di pallid’ombre stassi a lui dintorno,
Che, rotto il grave sepolcral coperchio,
Tornano in terra ad impedire il giorno.
Oh, se non era egli uom d’ardir soverchio,
Non fea l’alma a tal vista in lui soggiorno!
Ma non si cangia pur Lorenzo in viso,
E gli occhi audaci entro i lor occhi ha fiso.

Son di statura gigantesca l’ombre:
Quale ha lacero il petto, e quale il fianco:
Le immani membra han d’atro sangue ingombre,
Che mai da lor ferite non vien manco:
Piagate, e in un d’ogni viltà disgombre
Paion nel volto orribilmente bianco:
Reca ciascuna ignudo un ferro in mano;
E gridan tutte: Nol vibrammo in vano.

Ben tutto il capo sovra lor torreggia
Donna atteggiata di minacce e sdegno,
Che altera in vista il mondo signoreggia,
E par che niuno estimi di sè degno:
Dagli occhi ardenti un tal furor lampeggia,
Che un sol suo sguardo di vittoria è pegno
A chi svenare empio oppressore ardisca,
Che abborran tutti, e tutti egli abborrisca.

Lo scompigliato crine all’aura sciolto
Fa di sua non curanza in lei ben fede;
Non men che il vel ruvidamente incolto,
Che negletto le scende infin sul piede.
Rigida al par che maestosa in volto,
Non leggiadria, non grazia in lei si vede:
Pur di beltade al paragon sarebbe
Vinta da lei qual altra il pregio n’ebbe.

Nell’una e l’altra man di sangue tinta
Mostra gl’infranti gioghi, e le spezzate
Catene ond’era iniquamente avvinta:
Batter la terra fa genti scettrate;
E la lor fronte di diadema cinta
Si tien sotto le piante insanguinate:
Chè ristorarla dei sofferti danni
Null’altro può che calpestar tiranni.