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ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

Cleopatra, Ismene, Diomede.

Cleop. Mi vendicasti adunque, e piú non vive?

Diom. Sí, regina, e d’un sol colpo funesto
tolsi la vita a Antonio, e a me l’onore.
Cleop. Nell’udire il mio nome, e che ti disse?
Diom. O cielo! e vuoi ch’un nuovo orror s’aggiunga
al commesso delitto? e ch’io rammembri
ciò, che l’oscura notte, e il nero Averno
dovrian coprir d’un sempiterno obblio?
No; rinnovar nol posso; all’atro colpo
rivolsi gli occhi, ed agghiacciato il sangue
intorno al cor ristette, e l’alma allora,
d’orror stupida, e muta, non sapea
qual iniquo, nefando, e atroce colpo,
l’empia mano vibrasse, a lei ribella.
Colpo, per cui ed infelice, e amara
mi fora ognor la vita; ed a te stessa,
alla tua pace, al tuo onor, e al regno tuo,
forse, piú che non credi, avverso colpo.
Cleop. Ma frattanto il goder mi sia concesso
della vendetta i desiati frutti:
a inacerbito cuor quanto son dolci!
L’odiose d’Antonio aspre catene,