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40 antonio e cleopatra
il vincitore umile ai piè del vinto.

Cleop. Contro mia voglia, armata in campo a danno
di te, signor; quivi condotta a forza,
prigioniera direi, e non regina;
d’ottener la vittoria ognor tremando,
sperai dal cielo, e n’implorai talora,
dell’armi nostre ad onta, intera strage.
Contro il parer d’ognuno, in Azio io volli,
che s’affidasse la gran pugna all’onde;
all’onde infide, e a mal conteste navi:
per me fu in terra spettatrice oziosa,
la possente d’Antonio audace armata;
fremere invan di non pugnar la vidi;
io cosí le involai la gloria, e l’armi.
Io fuggitiva, anziché vinta, ad Azio,
non temei testimonio il mondo intero
di quel pensier, che giá nodrivo in petto;
se Augusto infine, incontrastato il passo
libero mosse dell’Egitto ai lidi,
né ravvisò, approdando, un sol nemico,
fuorché l’inerme Antonio, è l’opra ancora
di colei, che nemica un dí t’apparve.
Né ciò ti dissi per aver mercede;
ch’io l’ebbi allor, se t’ho giovato in parte,
nell’acquistar quella vittoria illustre,
che lo scettro ti diè del mondo intero.
Augus. Né Augusto sdegna, od ha rossor di questi
allori tuoi, che la tua man li cinse;
il donator, mi rende il don piú grato.
Se avvien, ch’un dí, della civil discordia
per me fia spenta la funesta face,
e che Roma a se stessa al fin pietosa,
e da’ suoi mali saggia, e l’ire, e l’armi
piú non rivolga in se; felice io sono;
d’oziosa pace in grembo, allor fia lieve,
l’annichilare un importun senato,