a’ perfidi nemici, e seppi a un tratto,
che ne veniano molti a queste spiagge,
* forza aggiungendo a quanto l’arte ordiva.
Non fu timor quel, che rivolse il piede,
poiché n’andava de’ nemici a fronte,
* disprezzando per te perigli, e morte.
No, non tremai, né per il trono avíto,
né per la mia salvezza; io te fuggendo,
* per te solo fuggivo: altra non cerca
* in me cagion, ch’altra che te non vedi.
Utile ad Azio? ad Azio ratta io volo.
Giovarti spero al Nilo? ecco le prore
ho giá rivolte al Nilo... Ahimè, che quando,
stolta credetti al mio signor giovare,
inonorato, e vinto a morte il trassi!
Queta ogni gente, e i traditor fugati
seppi approdando. Or mi risparmia, o duce,
il dirti qual restassi, e i rei rimorsi,
* l’affanno, il duol, l’aspro tormento, e ’l pianto
in cui mi strussi, e struggerò tutt’ora:
a tai sensi ridir lingua non basta;
quel cor, ch’in sen racchiudi, or te li dica,
che del mio cuor conosce i moti appieno.
Se sopravissi, non fu amor di vita,
* che vita in te, e non altronde io traggo:
rivederti sperai, giurarti amore,
dirti, che fida io fui, indi morire.
Anton. Chi può saper se senti affetti, ovvero
se sol li fingi? ah! si dovriano in volto
* vedere impresse, e con non dubbj segni,
* degl’iniqui mortali, e l’alme, e l’opre.
Cleopatra, l’amor, che il cuor mi rode,
ogni senso mi vieta, e a te lo dona:
ma sian veri i tuoi detti, o sian mendaci;
è giunta l’ora, in cui si scioglie il nodo,
né dilungar si può; giudice il mondo