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SCENA QUARTA

Agiziade, Leonida, Agesistrata.

Agiz. Padre, e fia vero?... a tradimento... Oh cielo!

Infra soldati il mio consorte?...
Agesis.   È questa
la tua fede, o Leonida?
Leon.   Qual fede?
Che promisi? Giurato a Sparta ho fede,
non ad Agide mai.
Agiz.   Deh! padre amato,
alla tua figlia,... oimè!...
Agesis.   Spontaneo forse
non uscia dell’asilo? e solo, e inerme,
e di sua voglia, ei non venia di pace
a parlamento or teco? E tu, dagli empj
tuoi sgherri il fai nel carcer trarre? e contra
il decoro di re, contra il volere
di Sparta stessa?... Iniquo...
Leon.   E pianti, e oltraggi,
vani del par sono a piegarmi, o donne.
Il primo io son de’ magistrati in Sparta,
non di Sparta il tiranno. Agide reo,
gli efori e Sparta giudicarne or denno;
innocente, tornarlo al seggio prisco
gli efori e Sparta il ponno. Ov’ei si fesse
del tempio asilo, o della plebe scudo,
né innocente né reo possibil fora
chiarirlo mai. Tempo è, ben parmi, tempo,
che Sparta esca dall’orrido travaglio
del non saper s’ella ha due re, qual debbe,
o s’un glien manca.
Agiz.   Ah padre!... Agide in vita
ti serba, e tu in catene Agide traggi?
Gli dai tua figlia, e torgli vuoi sua fama?